Nino Marino: «Ci attende un “teatro
allargato”, con spettacoli diversi e
forse anche per un solo spettatore»

Nino Marino: «Ci attende un “teatro allargato”, con spettacoli diversi e forse anche per un solo spettatore»
di Michele Bellucci
Mercoledì 6 Maggio 2020, 18:44
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PERUGIA - Shakespeare, nel 1600, fa pronunciare al suo Amleto una frase che appare perfetta per il contesto attuale: "l'importante è essere pronti”. L’ha ricordato Peter Brook in un messaggio comparso sul web e lo riprende Nino Marino, direttore del Teatro Stabile dell’Umbria: «In questa fase così critica - spiega - è decisivo che la cultura torni a svolgere prima possibile il suo ruolo, che è fondamentale. Se gli ospedali ci curano nel corpo, l’arte e gli artisti sono un balsamo per l’animo. La nostra rinascita passa anche dal linguaggio della poesia e del teatro, perché la cultura ha la capacità di orientare la gente a un livello intimo. Se fai leggere Shakespeare a un marziano, potrà capire ogni sentimento dell’uomo! Dire che l’aspetto culturale è di enorme importanza potrebbe sembrare un luogo comune, ma non è così. Tre persone su dieci hanno iniziato a vivere degli stati d’ansia a causa di questa emergenza, ovvero hanno perso l’equilibrio. Questo si raggiunge soprattutto con una salubrità mentale, sperimentando un’armonia tra ciò che sta fuori di noi e quel che invece sta dentro. Questo lo fa la cultura, chi se no? Non sono cose che dico io, è già stato tutto scritto!».

Coerentemente con questa visione l’istituzione culturale umbra sta realizzando una serie di iniziative che da una parte puntano a sostenere con proposte concrete la ripresa delle attività, azzerando i rischi di contagio da Coronavirus, mentre dall’altra si concentrano sull’ideazione di nuovi percorsi artistici che possano tenere vivo lo stimolo creativo degli artisti legati al TSU. Ad esempio non si è fermato Progetto Pubblico, laboratorio di formazione teatrale che coinvolge persone dai 15 ai 90 anni nato per avvicinare il pubblico umbro al teatro: «Anche in queste settimane stiamo lavorando per la formazione del pubblico - racconta Marino - senza dimenticare che se da un lato il laboratorio è nato per far conoscere il mondo del teatro ai cittadini, dall’altro permette ai nostri attori di conoscere il loro pubblico. Quindi abbiamo realizzato delle interviste, che hanno evidenziato alcuni nodi importanti emersi durante le settimane di quarantena. Mi sono commosso vedendo alcune testimonianze, da quella di un ragazzo molto giovane che tornava sempre a dire come la cosa che gli mancava maggiormente fosse la routine, perché vivere la quotidianità in modo programmato crea grossi squilibri nel momento in cui questa si spacca. Oppure un’anziana che mostrava con orgoglio i fiori e il panorama dal suo terrazzo, felice di far entrare virtualmente altre persone in quel piccolo mondo. Abbiamo acceso un proiettore sulla quotidianità di queste persone e ora stiamo cercando un filo rosso che permetta di farli partecipare a un’esperienza di teatro. Poi metteremo tutto su web per restituire il progetto alla nostra comunità. Il fatto eccezionale che ci è capitato, comparabile a un terremoto, permette di affondare questo tipo di ricerca e farlo ci sta dando risultati importanti». Un periodo fondamentale per lo stesso direttore del TSU, che ha approfittato delle settimane di isolamento nel suo appartamento a poche centinaia di metri dal Teatro Morlacchi («per fortuna con un bel balcone» ammette) per riconnettersi con alcuni suoi omologhi sparsi per il mondo, come il direttore del Théâtre National de la Colline di Parigi Wajdi Mouawad. Il drammaturgo, regista e attore di origine libanese ha infatti sperimentato con successo il progetto Au creux de l'oreille (in italiano Te lo dico all’orecchio) che presto sarà replicato anche in Umbria: da mercoledì 13 maggio gli artisti del Teatro Stabile chiameranno gli spettatori per leggergli poesie, brani di teatro e frammenti letterari, dando vita a veri e propri incontri artistici e umani (su prenotazione, dal mercoledì alla domenica dalle 18.00 alle 20.00. Maggiori informazioni sul sito del Teatro Stabile dell’Umbria).

Resta però prioritario il poter rientrare presto nei teatri della regione, non solo per il bene dei tanti appassionati che stanno soffrendo un’astinenza sempre più demoralizzante ma anche per il sostentamento dell’intero comparto: «Io sono molto impegnato per verificare tutte le proposte per le riaperture. Presto dovremo poter iniziare a fare le prove, come ripartirà lo sport o si potrà tornare in chiesa. Anche se con poche decine di persone ad assistere, sarà necessario tornare presto a offrire il teatro. Attendiamo una normativa nuova, probabilmente a partire dalle proposte esposte nel documento “Lo spettacolo in Italia nella fase 2”; questa sarà fondamentale per poter tornare a far lavorare tutti gli addetti del settore. La sfida più grande sarà trovarsi di fronte spettatori che sono cambiati, che probabilmente vivranno i luoghi della cultura come “luoghi del contagio”. Magari lo faranno inconsciamente, ma dobbiamo metterlo in conto. Non si potrà far finta che questo non sia successo, anzi dobbiamo lavorare affinché le persone tornino ad essere disponibili a tornare nei teatri, anche se con i posti a scacchiera o i palchi dove potranno stare solo con i congiunti. Noi ad esempio stiamo ipotizzando uno spettacolo che prevede anche un pubblico diverso da quello frontale. Prima della pandemia stavamo anche lavorando per le produzioni TSU da presentare alla Biennale di Venezia. Posso anticipare che uno spettacolo nato con impianto tradizionale si è già trasformato, perché fare le prove su web già cambia le cose; inoltre valutiamo la possibilità di realizzarlo per uno spettatore alla volta».

C’è da dire che i parametri del Fondo unico per lo spettacolo sono molto rigidi, perché oltre a giudicare la qualità delle produzioni mettono dei paletti in termini di pubblico, «che deve essere tanto» ammette Nino Marino. «Prevediamo un 70% in meno degli incassi e questo appare insostenibile per la sopravvivenza del comparto teatro. Ma non possiamo guardare solo i numeri bensì il valore della cultura: anche con 30 persone come pubblico dovrà esserci il modo di far funzionare il teatro, magari facendo diventare un evento così interessante che non soltanto gli abbonati vorranno assistervi ma anche chi solitamente non frequenta gli spettacoli. Dovremo vivere nei prossimi mesi il teatro come risposta a una società che, in questo momento di assenza, darà più valore a certe cose. Personalmente mi sto pregustando la possibilità di non limitare le programmazioni a uno spettacolo di un giorno o due, ma proporre anche cose fruibili in un “teatro allargato”, che rappresenteranno in qualche modo la risposta del singolo cittadino nei confronti di una necessità interiore».
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