L'economista Zamagni rilancia l'idea del Papa: «Serve fondo di garanzia per il lavoro»

L'economista Zamagni rilancia l'idea del Papa: «Serve fondo di garanzia per il lavoro»
di Franca Giansoldati
Mercoledì 15 Aprile 2020, 12:01
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Città del Vaticano – All'indomani delle previsioni catastrofiche del Fondo Monetario, il professor Stefano Zamagni, presidente del think thank economico vaticano alla pontificia accademia delle scienze sociali rilancia il progetto di un reddito universale i lavoratori precari che in tutto il mondo, presto, verranno espulsi dal sistema. Una idea caldeggiata da Papa Francesco in una lettera ai Movimenti Popolari.



In pratica quello che immaginano gli economisti cattolici è una cosa ben diversa dal reddito di cittadinanza: il reddito universale implica creare un fondo di garanzia simile a quello che già esiste per le banche, per le industrie ma che potrebbe essere usato quando ci sono situazioni di emergenza. «In questo caso per far fronte alle esigenze del lavoro e non fare fermare il sistema. Se esiste un fondo di garanzia del capitale per le banche, perché non farlo per il lavoro? Si tratterebbe di un fondo di garanzia per periodi transitori e non permanenti, altrimenti non sarebbe nemmeno sostenibile e persino diseducativo. Tuttavia occorre incidere sul lavoro. Togliere il lavoro è una ingiustizia» spiega Zamagni. 



Di sicuro le previsioni del Fondo Monetario non stupiscono Zamagni che, durante un incontro via streaming con la stampa, fa chiarezza su un punto. La crisi innescata dal corona virus non può essere equiparata a un cigno nero. «E' un errore chiamarlo così perché era tutto stato previsto». La domanda che semmai oggi ci si potrebbe porre è perché non sono stati messi in atto – con una normale saggezza – quei dispositivi sanitari e medici che avrebbero potuto contenere e arginare la pandemia. Le macchine di ossigeno, le mascherine, i protocolli per le epidemie. «Forse sarebbe utile riflettere sui nostri modelli di economia che girano su alcuni perni e non su altri. Le risorse vengono dirottate da alcune parti e non su altre, dimenticando che siamo collegati, che la salute è collegata alla economia, come del resto ha dimostrato lo shock coronavirus». 

E' stata poi trascurata la salute dai piani di investimento dei governi. «Non stiamo parlando di filantropia ma di investimenti produttivi perché la logica di mercato di fatto ha sottovalutato la possibilità di investire nella sanità».

Questo quadro internazionale secondo Zamagni dovrà per forza di cose ripensare ai modelli economici finora utilizzati tenendo conto che una volta superato il coronavirus è certo che «vi saranno altri virus in arrivo, lo dicono gli esperti che studiano i meccanismi generatori di virus». A questo punto, spiega l'economista, sarebbe arrivato il momento di ripescare il concetto di sussidiarietà.

«Il che significa che lo Stato ha una responsabilità ma non può essere il solo. Esistono anche i privati e il mercato, ognuno nella propria specifica competenza è in grado di individuare le priorità degli interventi e trovare risorse finanziarie per realizzarli e definire i modi di gestione».

«Oggi quasi tutto viene affidato allo Stato che si avvale della pubblica amministrazione ma stiamo vedendo i disastri nella gestione del coronavirus - ha aggiunto l'economista - Non è che i burocrati siano cattivi, il fatto è che spesso non hanno le informazioni perché non si applica la sussidiarietà. Bisognerebbe rivolgersi alle organizzazioni della società civile, al terzo settore, a soggetti che non seguono la logica del mercato ma nemmeno quella della pubblica amministrazione. E' una via per percepire i bisogni della gente». 






 

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