Sydney Sibilia al Giffoni Film Festival: «Da Mixed by Erry agli 883: due storie di suoni e luoghi»

Il regista salernitana racconta la storia degli 883 nella sua prima serie

Sydney Sibilia al Giffoni Film Festival
Sydney Sibilia al Giffoni Film Festival
di Alessandra Farro
Lunedì 24 Luglio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 25 Luglio, 07:45
4 Minuti di Lettura

La storia di un'amicizia raccontata attraverso la musica dei primi anni Novanta: Sydney Sibilia (1981) torna dietro la macchina da presa per realizzare la sua prima serie «Hanno ucciso l'uomo ragno La vera storia degli 883», prodotta da Sky e dall'amico Matteo Rovere per Groenlandia, con Elia Nuzzolo (classe 2000 alla sua prima prova attoriale) nel ruolo di Max Pezzali e Matteo Oscar Giuggioli («Sotto il sole di Riccione») in quello di Mauro Repetto, dopo il successo di «Mixed by Erry» (vincitore di 3 Nastri d'Argento, adesso su Netflix), la storia vera dei fratelli Frattasio di Forcella, che tra gli anni '80 e 90 hanno creato un impero musicale grazie a cassette pezzotte: «Il falso originale».

Dai capelli spettinati e con un sorriso fiducioso, il quarantunenne regista salernitano ha accolto le domande dei ragazzi del cinquantatreesimo «Giffoni Film Festival», ricordando i tempi in cui lui stesso era un bambino appassionato di cinema e fremeva all'idea di poter incontrare i suoi idoli alla rassegna ideata e diretta da Claudio Gubitosi: «Il cinema, se sei di Salerno come me, potevi e puoi incontrarlo solo qua».

Stavolta i giovani «giffoner» si sono accalcati sul blu carpet ieri pomeriggio per lui, pronto a raccontare in anteprima qualche dettaglio sulla serie che sta girando, che parte dalla formazione degli 883, passando per l'incontro con Claudio Cecchetto e il relativo successo, fino allo scioglimento del gruppo, icona pop degli anni Novanta.

Dalla Napoli anni '80 alla Pavia anni '90, come cambia la musica?
«Dal punto di vista dell'ambientazione si tratta di due lavori molto diversi, il mondo che stiamo dipingendo intorno agli 883 è molto più colorato e pop rispetto a quello che circondava i fratelli Frattasio, circondati dai capelli cotonati del loro decennio. Musicalmente il discorso è diverso, si rischiava di accavallare alcune hit che hanno caratterizzato entrambi i periodi. Sicuramente la geolocalizzazione dei protagonisti resta fondamentale in entrambe le storie: ogni artista è tale perché è nato e cresciuto in un determinato luogo, dove si è formato il suo gusto musicale. Da una parte abbiamo Forcella negli anni '80, un piccolo centro del mondo, dall'altra Pavia nel '92, che certo non era attraente e vitale come Napoli. Se i tre fratelli erano innamorati della propria città, radicati e ancorati alle proprie origini, che rivendicavano con orgoglio, Max e Mauro, invece, non vedevano l'ora di avere l'opportunità di scappare da Pavia, una provincia che citano moltissimo, senza dichiararla mai, nei primi loro due album. Noi siamo partiti proprio da quel rapporto di odio e amore per raccontare la loro storia».

Già con «L'incredibile storia dell'isola delle rose» aveva scelto di raccontare vicende realmente accadute.
«Mi interesso molto alle storie reali e, se mi incuriosiscono profondamente sento l'esigenza di raccontarle. È successo prima con “L'isola delle rose”, di cui si è scritto molto anche se in pochi conoscevano davvero la vicenda, e dopo con “Mixed by Erry” di cui invece si era scritto pochissimo, anche se il fenomeno è molto più popolare, almeno in Campania. In questo caso, ad esempio, è nato tutto per caso: ho ritrovato in casa delle cassette firmate “Mixed by Erry” e volevo capire chi fosse l'autore, confesso di averne trovate anche pezzotti del falso originale. Dopo la trilogia di “Smetto quando voglio” volevo realizzare qualcosa che fosse meno corale, ma il mio è un lavoro che parte da un impulso istintivo, non da un ragionamento calcolato, devo fare quello che mi diverte e la storia di due amici in provincia mi sembrava bella».

I suoi ultimi film, dopo l'uscita al cinema, sono stati destinati alle piattaforme, ma le sale hanno ancora peso?
«Il cinema è in ripresa. Dico una banalità: ci sono film che hanno bisogno di essere guardati sul grande schermo per essere apprezzati pienamente. Lo dico da regista che ha passato i suoi lavori sulle piattaforme dopo il passaggio in sala. Mentre sto girando, però, mi mette serenità pensare che quello che sto facendo sarà sottoposto all'attenzione di un pubblico, che sarà seduto su una sedia al buio, dedicandosi al mio film. Adesso c'è da capire, più che altro, che cosa succederà nell'industria italiana una volta finito lo sciopero hollywoodiano degli attori e sceneggiatori. Il mondo cinematografico americano manovra l'andamento del cinema globale, dunque la protesta avrà senza ombra di dubbio ripercussioni anche sulle produzioni italiane, che almeno fino ad adesso possono dormire sogni tranquilli: l'intelligenza artificiale qui non può ancora fare film». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA