Benevento, mancanza acqua: «I pozzi di Pezzapiana inquinati dal Calore»

Il dubbio nella relazione stilata dai professori Francesco Fiorillo e Libera Esposito

Benevento, mancanza acqua: «I pozzi di Pezzapiana inquinati dal Calore»
Benevento, mancanza acqua: «I pozzi di Pezzapiana inquinati dal Calore»
di Paolo Bocchino
Lunedì 29 Aprile 2024, 09:50
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E se l'assassino fosse il maggiordomo? Vuoi vedere che il misterioso responsabile dell'inquinamento da tetracloroetilene nelle acque potabili cittadine è il più probabile degli indiziati, ovvero il fiume Calore che lambisce la falda di Pezzapiana a monte e a valle? Un sospetto, fin qui mai emerso, che ricorre più volte nelle 38 pagine della relazione stilata dai professori Francesco Fiorillo e Libera Esposito, docenti del dipartimento di Scienze e tecnologie dell'Università del Sannio incaricati dal Comune di dare risposta a un interrogativo: cosa accadde tra il 15 e il 17 novembre 2022, quando mezza città restò a secco tre giorni a causa dell'improvviso rinvenimento di valori elevatissimi di tetracloroetilene?

Quesito al quale i due esperti replicano sulla scorta delle serie storiche dei campionamenti effettuati sulle acque di Pezzapiana, avvalendosi di studi scientifici sulla natura idrogeologica della falda e in base a propri rilievi. Incrocio di dati e accertamenti che non consente di appurare oltre ogni ragionevole dubbio la causa specifica del clamoroso episodio verificatosi diciotto mesi fa, ma apre uno scenario inedito, e per certi versi inquietante, sulle ragioni strutturali della contaminazione dell'acquifero cittadino che alimenta i rubinetti dei beneventani insieme alla fornitura del Biferno. Veicolo principale degli inquinanti può essere il Calore, tema che si prospetta fin dal capitolo 2 della relazione dedicata agli «Aspetti idrogeologici generali della piana di Benevento».

«È presente - scrivono Fiorillo ed Esposito - una falda freatica unica con deflusso preferenziale convergente verso il fiume Calore.

In prossimità del corso d'acqua si può assistere all'inversione localizzata dei rapporti fiume-falda, associabile a cause antropiche, con particolare riferimento agli emungimenti per scopi agricoli, industriali e, con particolare riferimento alla zona di Pezzapiana, idropotabili. I quantitativi idrici emunti dal sottosuolo hanno un notevole impatto sui rapporti tra il fiume Calore e la falda. Nel periodo di magra soprattutto, in corrispondenza dei principali campi-pozzi, le acque del fiume sono richiamate dal pompaggio, ed esse costituiscono, di fatto, una aliquota di alimentazione aggiuntiva che sopperisce al deficit idrico con travasi».

E dunque, dai pozzi di Pezzapiana viene pescata, soprattutto nei mesi a ridotte precipitazioni, acqua proveniente anche dal Calore. Una rivelazione che non può far fare salti di gioia, alla luce del conclamato stato di salute del principale fiume cittadino fortemente compromesso dalla mancanza di un sistema depurativo. Certo, l'acqua servita quotidianamente da Gesesa a circa 30mila beneventani dei rioni Ferrovia e Libertà, peraltro miscelata con quella sorgiva del Biferno, è sottoposta a rigorosi controlli che ne certificano la piena potabilità. Ma continua a presentare valori di tetracloroetilene, inquinante non organico derivante da cicli produttivi industriali, superiori alla soglia di contaminazione ambientale.

La linea rossa dei 10 microgrammi per litro fissata dalla normativa per la potabilità è stata oltrepassata soltanto in rari casi, come quello dell'aprile 2021 che portò alla chiusura del pozzo di Campo Mazzoni, e l'incredibile picco del novembre 2022 quando si andò addirittura 25 volte al di là del limite. Ma il problema c'è e non può essere trascurato. In tale ottica, Palazzo Mosti ha varato la realizzazione in loco di un impianto a carboni attivi per l'abbattimento degli inquinanti.

Ma cosa accadde nel novembre di due anni fa? I due luminari di Unisannio non azzardano risposte assertive ma lasciano trasparire un certo stupore scientifico per dei valori del tutto fuori scala rispetto alle serie storiche. Valori che, peraltro, non si rinvennero nella rete di distribuzione cittadina, ma esclusivamente nei prelievi effettuati da Asl e Arpac, ed elaborati da Arpac.

Numeri che fecero scattare la chiusura improvvisa dei rubinetti e una autentica lite istituzionale tra i vertici del Comune e dei due enti. «Fermo restando la difficile interpretazione congiunta dei valori riscontrati alle fontane pubbliche e ai pozzi di Pezzapiana - concludono Fiorillo ed Esposito - gli episodi di elevatissima concentrazione di tetracloroetilene del 15 e 17 novembre 2022 possono trovare una spiegazione se si accetta che la contaminazione provenga da aree esterne a Pezzapiana. Una possibile contaminazione esterna può essere addebitata a episodi di trasporto di acque contaminate da tetracloroetilene da parte del fiume Calore. Andrebbero effettuate analisi chimiche periodiche delle acque del Calore finalizzate alla ricerca del tetracloroetilene, poiché queste sono in stretta relazione con le acque di falda di Pezzapiana».

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