Casal di Principe, badante clandestina trovata in strada con un feto nella busta: è indagata per infanticidio

41 anni, è ricoverata all'ospedale Moscati di Aversa in prognosi riservata

Badante clandestina trovata in strada con un feto nella busta
Badante clandestina trovata in strada con un feto nella busta
Marilu Mustodi Marilù Musto
Domenica 6 Agosto 2023, 08:00 - Ultimo agg. 7 Agosto, 07:40
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Avrebbe nascosto di essere incinta per cinque mesi, poi ha interrotto la gravidanza in maniera clandestina. Ora è in stato di fermo per l'identificazione, ma l'ipotesi principale sul tavolo della Procura di Napoli nord è quella di infanticidio. Lei, marocchina di 41 anni, era un fantasma: irregolare sul territorio italiano, sconosciuta alla Caritas, senza figli, niente parenti.

Un ruolo però l'aveva: era una badante pagata a nero per assistere un'anziana a Casal di Principe.

Una delle tante anime che tamponano l'emergenza sociale di anziani non autosufficienti.

Un'ombra senza diritti, tutele e senza assistenza sanitaria, ma viva e vegeta agli occhi delle famiglie italiane. Le sarebbe stato garantito l'aborto nei limiti di tempo se l'avesse chiesto, ma forse non lo ha fatto: la paura di essere scoperta senza il permesso di soggiorno è stata più forte, probabilmente. Fantasma era lei e fantasma voleva far diventare anche il suo bambino, fino a quando non ha ingerito dei farmaci per procurarsi l'aborto. Questa la prima ipotesi. La seconda è shockante: nel silenzio della sua camera da letto ci sarebbe stata l'espulsione del feto di cinque mesi, già formato, seguita poi però da una emorragia fortissima. Impossibile nascondere l'interruzione di gravidanza. Così, l'effetto-sorpresa della presenza di un feto in casa da parte della famiglia dell'anziana ha fatto scattare l'allarme. Quando giovedì pomeriggio i medici del 118 sono giunti con l'ambulanza in via San Nicola di Bari a Casale, hanno trovato la donna in pessime condizioni in strada con una busta piena di sangue fra le mani. Dentro, c'era il piccolo feto morto. Una fine da contrappasso dantesco: da nascosta, la storia è emersa in tutta la sua disperazione. 

Adesso c'è un'inchiesta della magistratura. Inoltre, la quarantunenne marocchina è ricoverata all'ospedale Moscati di Aversa in prognosi riservata, mentre il feto è sotto sequestro all'ospedale di Giugliano. Le indagini dei carabinieri di Casal di Principe, serratissime, non lasciano nulla al caso: domani è prevista l'autopsia sul corpicino, solo l'esame autoptico potrà svelare le cause dell'aborto, mentre in città la notizia si è diffusa velocemente. «Siamo basiti, la comunità ha appreso questa storia successa a pochi passi dalla nostra chiesa attraverso i racconti dei cittadini, se la donna fosse venuta a chiederci aiuto l'avremmo aiutata, ma non l'abbiamo mai vista», dice don Franco Picone della parrocchia di San Nicola a Casal di Principe, il successore di don Giuseppe Diana, sacerdote ucciso dalla camorra nel 1994. Sull'aborto don Franco non si pronuncia: un gesto di disperazione, quanto verrà perdonato? 

Cauto anche il Comune di Casal di Principe che, però, ha già messo in guardia il dirigente di settore dell'ente. «Siamo in contatto con gli assistenti sociali dell'ospedale Moscati per capire cosa possiamo fare per aiutarla», ha spiegato il sindaco, Renato Natale, uno dei fautori dell'integrazione fra popoli nel suo Comune.

Lui, Natale, è stato anche un medico volontario dell'associazione Jerry Essan Masslo: alla porta del suo studio bussavano migranti in cerca di una visita specialistica. Un popolo di invisibili che solo nella vicina Castel Volturno arriva a 15mila anime. «Anche se questa donna non è regolare sul nostro territorio - ha spiegato Natale - cercheremo di aiutarla. Di certo, contatteremo la Prefettura di Caserta per verificare lo status e identificarla. Tecnicamente, sarebbe soggetta a espulsione. Intanto, abbiamo scoperto che non ha altri figli qui in Italia».
In verità, rischia una denuncia per sfruttamento e lavoro nero anche la famiglia ospitante della donna. Ma ora è presto per dirlo. La donna marocchina resta in silenzio: non può essere interrogata, «è ancora troppo debole» per i medici. Il silenzio, profondo, è il suo rifugio. 

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