Benedetto Croce, “Un angolo di Napoli” torna in libreria dopo 30 anni

Le riflessioni ripubblicate in volume singolo dalla Stamperia del Valentino

Benedetto Croce
Benedetto Croce
di Ugo Cundari
Lunedì 1 Gennaio 2024, 13:00 - Ultimo agg. 2 Gennaio, 12:33
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Nella sua casa di largo Arianello, tra via Atri e la chiesa della Pietrasanta, Benedetto Croce non aveva più spazio per la sua immensa libreria. Decise di trasferirsi e nel gennaio del 1910 la scelta cadde su un appartamento di largo Ferrandina a Chiaia. La trattativa andò avanti per un po' e poi si bloccò, non si sa se per l'eccessiva richiesta del venditore o perché il compratore avesse cambiato idea, trovando non adatto a lui il quartiere dei ricchi.

Fatto sta che il filosofo cercò nella sua zona, il centro storico, e scelse il trecentesco palazzo Filomarino in via Mariano Semmola, nome di un clinico napoletano con il quale era stata ribattezzata la più storica via Trinità maggiore, poi diventata via Croce nel 1954, due anni dopo la morte del suo più illustre abitante.

Quando si trasferì, don Benedetto scrisse un trattatello sul piacere di vivere a due passi da piazza del Gesù e San Domenico maggiore, iniziando con il descrivere la fonte di gioia nel prendere una pausa dal lavoro, girare le spalle al tavolino dello studio, affacciarsi dal balcone e contemplare il panorama del complesso di Santa Chiara, coccolato, lui che era nato a Pescasseroli, dal calore della storia ancora viva della grande madre Napoli.

«Di là dal campanile, mi si profila come in fuga il muro merlato dell'immenso monastero, che la vita moderna ha assediato finora indarno delle sue cupide brame, e dove persistono ancora alcune poche suore vecchissime, dai nomi aristocratici, ultime rappresentanti delle trecento della più altera nobiltà napoletana, che soleva accogliere nei tempi del suo maggiore splendore»: queste riflessioni sono state pubblicate in volume singolo, oltre trent'anni dopo dall'ultima edizione, dalla Stamperia del Valentino, con il titolo originario Un angolo di Napoli (pagine 128, euro 16).

Croce, come solo raramente si è concesso, ha scritto in prima persona abbandonandosi a considerazioni intime, personali, a cominciare dal gusto di passeggiare nei dintorni della nuova dimora «all'ombra degli alti tetti e tra le angustie delle vecchie vie», che gli permetteva di «riparare nella più vasta ombra delle memorie».

Da grande cultore della storia napoletana ha raccontato quella del palazzo, nel Seicento devastato dal popolo durante la rivolta di Masaniello e poi, ricostruito, abitato da bambino da Giambattista Vico. E poi le vicende di chi, meno noto alle cronache, ha abitato in zona, e lì ha lasciato un segno, debole magari, ma che per Croce ha un suo valore da tramandare.

Il filosofo in questo trattato ha confessato un sentimento che molti hanno provato, magari camminando per il centro storico al tramonto, quando la luce del sole calante accarezza palazzi, strade, passanti: «È dolce sentirsi chiusi nel grembo di queste vecchie fabbriche, vigilati e tutelati dai loro sembianti familiari; quasi come il ritrovarsi nella casa dove vivemmo la nostra infanzia, e venirvi riconoscendo gli oggetti che primi svegliarono la nostra maraviglia e ci mossero a fanciullesche immaginazioni, e rimirarvi i severi ritratti dei morti, che c'incussero un tempo rispetto o paura».

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L'argomento, come il tono, hanno reso il volume caro ai lettori crociani, come dimostra, ad esempio, il costo raggiunto on line da vecchie edizioni, come i 400 euro a cui viene venduta quella del 1953, quattrocento copie numerate, edite da Giovanni Mardesteig, Verona. Il saggio completa, in qualche modo, il percorso tracciato da volumi come Storia del Regno di Napoli, o Storie e leggende napoletane, ma anche, diversamente, le pagine abruzzesi dedicate a Montenerodomo e Pescasseroli. Oggi, però, i turisti seguono itinerari dedicati a Diego Armando Maradona, Pino Daniele, il commissario Ricciardi, i protagonisti di «Gomorra» e «Mare fuori» e non riconoscerebbero la città del filosofo, i suoi angoli di Napoli. 

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