Un valore aggiunto da 24,5 miliardi, con oltre 540mila posti di lavoro e un contributo al Pil per 65 miliardi. Sono i numeri della cosiddetta “economia del mare” in Italia, secondo l’elaborazione di The European House-Ambrosetti, sugli ultimi dati della Commissione europea, presentata ieri al forum “Risorsa mare” a Trieste. Il nostro Paese è al terzo posto tra i 27 dell’Ue.
Secondo il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, «l’Italia deve sfruttare al meglio le sue risorse e la collocazione geografica: guardando al mare, che è turismo, biodiversità, ambiente, pesca e trasporti, con una vocazione internazionale». «Dobbiamo valorizzare - ha aggiunto - il nostro essere hub di accesso delle merci e ripensare il sistema portuale», per la cui modernizzazione «abbiamo chiesto di aumentare molto la dotazione da 150 milioni del Pnrr».
GLI INTERVENTI PREVISTI
Saranno 10 le filiere interessate, come spiegato dal ministro per le politiche del mare, Nello Musumeci: dalla nautica alla croceristica, dalla cantieristica al turismo, passando per sport, biologia marina, subacqueo e risorse geologiche dei fondali. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha spiegato in un videomessaggio che l’obiettivo del governo è «trasformare l’Italia in un hub energetico, per il gas, le rinnovabili, l’idrogeno e anche nel recupero della naturale centralità dei traffici marittimi europei». L’Italia è l’unico grande Paese in Europa ad avere tre grandi metanodotti marini: dalla Libia, dall’Algeria e dall’Azerbaijan.
Sui fondali si punta a esplorarli di più (l’80% è ignoto) per recuperare le cosiddette “terre rare”, i minerali strategici per i processi di sviluppo in alcuni settori industriali. Per il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, poi, è necessario puntare sull’eolico offshore. Per questo «a breve sarà presentato un provvedimento». Prematuro indicare dove: se le piattaforme saranno molto al largo, «servirà considerare gli equilibri internazionali». «Occorre tanto acciaio, attrezzare i porti, provvedere alle navi per il trasporto», ha aggiunto e infine, «produrre, più che comprare, le pale eoliche». Su economia del mare e risorsa idrica ci sarà poi un rafforzamento della collaborazione con Israele. Sarà uno dei prossimi punti di discussione tra Meloni e il premier Benjamin Netanyahu, assieme a un possibile chiarimento sulla vicenda di Khaled el Qaisi, giovane ricercatore italo-palestinese, arrestato in circostanze non chiare al confine con la Giordania.
L’Italia chiede esperti e competenze sulle tecnologie avanzate dell’acqua e in particolare su: dissalazione, riuso delle acque reflue per l’industria e l’irrigazione in agricoltura e costruzione di cisterne. Per il governo le competenze israeliane potrebbero aiutare a sviluppare una rete idrica unica e portare a una migliore identificazione delle perdite d’acqua e dei fattori inquinanti, per ridurli il più possibile. Secondo Miki Tramer, di Ide Water Technologies, società israeliana specializzata in desalinizzazione, «il 70% dell’acqua potabile in Israele proviene da acqua desalinizzata ed entro il 2030 tutta l’acqua potabile del Paese sarà desalinizzata. Tutto ciò viene fatto in modo sostenibile, responsabile e nel rispetto di rigorosi standard ambientali». Sempre sul tema sviluppo idrico e marino, secondo Luciano Violante, presidente della Fondazione Leonardo, «conosciamo più la superficie di pianeti come Marte che i fondali: serve uno sforzo, superando le contese di competenze e agendo in modo sinergico».