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CORONAVIRUS

Coronavirus, Galli: «Impossibile prevedere il picco. Aprire Codogno è una follia»

di Camilla Mozzetti
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 9 Marzo 2020, 07:30 - Ultimo agg. : 09:44
4 Minuti di Lettura

«Il picco non è ancora arrivato ma è difficile prevederlo» e credere «che il problema riguardi solo il Nord Italia è da irresponsabili. Bisogna star chiusi in casa». Il professor Massimo Galli, direttore di Malattie infettive dell'ospedale Luigi Sacco di Milano arriva dritto al punto: «La situazione è tale da non consentire sconti».

Professor Galli partiamo dalle immagini: la gente che sabato ha preso d'assalto le stazioni ferroviarie di Milano per lasciare la Lombardia. Come le giudica?
«In modo spaventosamente negativo. Mi viene in mente l'espressione Cito longe et tarde: scappa alla svelta, scappa lontano e torna tardi. Era quello che si diceva nel Medioevo quando si fuggiva dalla peste.
L'atteggiamento del Cito longe et tarde ahimè sembra una situazione di ritorno. Se c'era il dubbio che quanto accaduto sabato potesse essere un contributo alla propagazione dell'infezione, ce l'ha fatto diventare certezza o, almeno, discreta certezza».

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Molte di quelle persone sono scese a Roma e in altre città del Sud Italia.
«Abbiamo fatto un enorme sforzo per garantire l'assistenza, ponendo molti ospedali al limite di intervento».

Servono maggiori restrizioni?
«La situazione è tale da non consentire sconti. I tanto vituperati cinesi hanno messo in quarantena 60 milioni di persone: come se avessero messo in quarantena tutta l'Italia. Non siamo nel momento in cui alcune libertà individuali devono essere messe davanti alla necessità di fermare la diffusione del virus. L'ultima cosa che ho sentito oggi, che trovo inammissibile se non folle, è che vista la chiusura della Lombardia apriamo Codogno ma siamo matti?».

Le sue previsioni?
«Non possiamo aspettarci di certo una riduzione significativa del fenomeno in pochi giorni».

Per il picco del virus prevede un periodo preciso?
«L'andamento ora è crescente, ci sarà nei prossimi giorni ma è difficile prevedere con esattezza una data».

Come valuta l'aumento dei contagi e dei decessi registrati ieri?
«In maniera molto preoccupante. I primi derivano da infezioni non ricercate prima, per i secondi - e il dato francamente è drammatico - non vorrei che derivassero da una tardiva presa in carico dei pazienti da parte delle strutture ospedaliere già piene. Ma non ho elementi per poterlo affermare».

Finora è passata la policy che i contagi accertati avessero dei link, con persone riconducibili alle zone rosse del Nord-Est Italia. Regge ancora questa spiegazione?
«Mi sembra una fase superata».

Da gennaio a oggi quali passi avanti sono stati compiuti nella lotta al virus?
«Stiamo cominciando a capire qualcosa in più sulla malattia anche se dobbiamo lavorare ancora perché non abbiamo dati sul viral-shedding, ovvero sui tempi e sui modi con cui il virus viene eliminato. Per le cure siamo lontani da qualcosa che sia minimamente soddisfacente, andiamo a tentoni. Per la diffusione, invece, siamo di fronte a qualcosa che, soprattutto nelle prime fasi in cui inizia a circolare su territori vergini, ha un raddoppio del numero dei contagi molto rapido rispetto ad altri virus, con un indice di trasmissione che vede ogni persona infetta contagiarne in media altre due».

Contagiano anche gli asintomatici?
«Certamente sì, gli asintomatici come bambini e adolescenti, possono essere dei vettori».

E proprio i ragazzi, per i quali ovviamente non c'è esito di tampone perché le verifiche si fanno solo alla presenza dei sintomi, non restano in casa.
«È giunta l'ora di chiudere i locali. Punto. Se la gente continua ad ammassarsi dentro e fuori, non limiteremo nulla. Ci troviamo in un momento in cui devono essere compiuti dei sacrifici».

Stop ai locali, qualsiasi essi siano, e per i mezzi pubblici? I treni? Gli aerei?
«Solo per i motivi strettamente necessari e comunque sull'uso dei mezzi deve esserci una valutazione area per area, zona per zona».
 

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