Ha sposato la causa della jihad che poi ha cercato di perorare in carcere con chi era fragile e quindi facilmente manipolabile, vantandosi per altro di conoscere «soldati dello Stato Islamico» e di aver combattuto per Daesh. Ha spronato, in particolare, uno dei compagni di detenzione, ad aderire all’Isis, a recarsi in Libia o in Siria per addestrarsi e poi rientrare in Italia per uccidere mettendo a segno attentati con bombe in una «spiaggia affollata in Sicilia, a Palermo, o in un parco a Firenze» o anche tagliando la gola o «gambe e braccia agli infedeli».
Jihadisti in Niger massacrano cento civili: assalto in moto, distrutti due villaggi
LA TUTA DELLA ROMA
Per aver tentato di fare proselitismo quando era a Opera e aver tentato di reclutare nelle file dell’Isis un detenuto suo connazionale, Hmidi Saber, tunisino di 37 anni, si è visto recapitate in cella a Siracusa, dove è stato trasferito, una nuova ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di istigazione a delinquere con finalità di terrorismo e resistenza. Il provvedimento è stato firmato dal gip di Milano Anna Magelli che ha accolto la richiesta del responsabile dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili e del pm Enrico Pavone che coordinano le indagini condotte dagli agenti di polizia penitenziaria del carcere milanese. Lì Hmidi Saber, tra l’autunno del 2019 e la primavera dell’anno scorso, si è dato da fare per indottrinare un suo connazionale e spingerlo, una volta espiata la pena, ad abbracciare l’islam più radicale. Estremismo che lui ha sposato al punto da avergli confidato, non solo «di odiare i cristiani e tutti gli italiani», ma anche di «voler lasciare la moglie, una cristiana, tornare in Libia con la figlia e fare la jihad fino alla fine». Gli ha spiegato che l’epidemia di Covid in Italia era «una punizione di Dio per i torti inflitti ai musulmani» e che la tuta della Roma indossava sempre era perché «l’Isis vuole fare la guerra con Roma».
Tunisina fermata a Latina, il gip convalida arresto: «Incitava a commettere attentati terroristici»
FOTO DI OSAMA BIN LADEN
A scoprire l’attività di indottrinamento dell’uomo, che sta espiando la pena di 4 anni e mezzo per lo stesso reato di istigazione, è stato proprio il personale di Opera, che da sempre svolge attività di prevenzione e di monitoraggio essendo il carcere terreno fertile per la radicalizzazione.
Vienna, strategia modello Bataclan che rilancia il terrore organizzato