Roberto Burioni si racconta, dal virus fino alla vita privata. Tra presente e passato. Spera ancora nel dialogo con i No vax? «Le do la risposta a cui credo, che è quella che mi amareggia di più. Non ci può essere alcun dialogo ormai. Essere No vax, alla luce di quanto sappiamo dei vaccini, è una scelta irrazionale. Impossibile convincere con le armi della ragione chi fa scelte irrazionali. Anche il tifo calcistico è irrazionale. Io sono tifoso della Lazio: secondo lei qualcuno, ragionando con me, potrebbe portarmi a tifare per una squadra che vince di più, tipo la Juventus?». Così il virologo dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano in un'intervista a Il Corriere della Sera che esce in libreria con “La formidabile impresa” (Rizzoli).
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La minacciano ancora i No vax? «Sì ma non ci penso più di tanto», continua.
Quando ha capito la piega che stava prendendo il Covid? «A gennaio 2020. Quando seppi che una manager cinese in viaggio in Europa aveva contagiato diverse persone. Era la prova che anche gli asintomatici, gente all'apparenza non malata, poteva trasmettere il virus. Dissi pubblicamente che era necessaria la quarantena per chi aveva avuto contatti con persone che venivano dalla Cina. Per tutta risposta un governatore regionale mi diede del “fascioleghista”», ricorda Burioni. L'allora presidente della Toscana, Enrico Rossi. «Sia chiaro, anche io ho sbagliato qualcosa. Due cose: dire che la mascherina serviva solo ai malati, perché durante un'epidemia si era sempre fatto così, e scommettere sull'arrivo del vaccino non prima di due anni. La seconda previsione sono stato felicissimo di averla tappata», ammette il virologo. Le rinfacciano di aver detto all'inizio che in Italia c'era “rischio zero”. «L'ho detto il 2 febbraio 2020 perché le autorità in quei momento affermavano che il virus in Italia non c'era. E io mi sono fidato».
Che cosa le ha dato la pandemia che prima non aveva? «Penso ad alcune amicizie con persone che prima non conoscevo. Il generale Figliuolo, per esempio. Ma soprattutto Fabio Fazio», osserva. Hanno scritto che guadagna cifre stratosferiche andando ospite a Che tempo che fa. «Nessuno ha scritto le cifre esatte e comunque sono fatti miei e dell'agenzia dell'Entrate. Vuol sapere la cosa che mi colpisce di più delle polemiche sui compensi?, replica Burioni. Che cosa? «In Italia se uno vince dieci milioni al Superenalotto, cioè senza avere alcun merito, la gente è felice per lui. I soldi guadagnati mettendo a frutto anni di studio e di lavoro, quelli no, a tanti danno fastidio», avverte. Si è chiesto perché? «Invidia, credo. Al Superenalotto hanno l'ambizione di poter vincere tutti. Lo studio e la fatica sono un'altra cosa, evidentemente», rimarca. Il suo sogno da piccolo? «Fare il camionista».
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