Acerra, spari ai funerali, preso figlio del boss: «Dovevo colpire l’infame alla testa

Preso anche grazie alle telecamere di videosorveglianza

Gli spari durante il corteo funebre
Gli spari durante il corteo funebre
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Lunedì 2 Ottobre 2023, 22:54 - Ultimo agg. 4 Ottobre, 07:21
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«Era meglio che gli sparavo in testa a quell’infame... deve solo ringraziare che c’era il morto in mezzo alla strada». Parola di Vincenzo D’Angelo, 23enne presunto rampollo di un clan di Acerra, mentre sta per essere arrestato per una vicenda più unica che rara, anche in un territorio abituato a fare i conti con i morti ammazzati e vari episodi pulp. È lo scorso 27 settembre, quando D’Angelo sarebbe entrato in azione, arma in pugno, facendo fuoco ben undici volte tra la folla. Spari a raffica? Una stesa di camorra? Più nello specifico, D’Angelo avrebbe fatto fuoco contro una folla di persone riunite per partecipare ai funerali di un ragazzo. Stesa durante le esequie, agguato nel pieno della commozione per la perdita di una giovane vita. Siamo ad Acerra, nei pressi della chiesa San Giuseppe, in via Madonnelle. Tutti attorno al genitore che ha perso un figlio, a pochi metri di distanza si scorge la sagoma di due soggetti in sella a uno scooter. 

Hanno un cappello con visiera, modello baseball, quello che sta seduto nella parte posteriore non ha alcuna remora a fare fuoco: undici colpi e tutti in fuga.

Scappano nella chiesa, provando a schivare i colpi. Dinamica basica, elementare, di quelle che si consumano in decine di punti dell’area metropolitana, tra Ponticelli e Pianura, passando per i Quartieri spagnoli e Mergellina, senza contare poi zone calde come Acerra e Caivano. 

Inchiesta condotta dai pm di Nola, che inchiodano - almeno per il momento - uno dei due pistoleri, mentre gli atti finiscono alla Dda di Napoli, al vaglio del pm anticamorra Giuseppe Visone. Chiara la ricostruzione dell’accusa: non si è trattato di un atto dimostrativo ed estemporaneo, ma di un agguato camorristico, che rientra nella faida tra due gruppi criminali che si contendono l’area di Acerra.

Ma restiamo al lavoro svolto finora dagli inquirenti. Stando a una informativa di pg, «i colpi erano probabilmente diretti verso Michele Castaldo e che gli autori degli spari erano stati riconosciuti in Antonio ‘o marcianisiello e Vincenzo fratello di Mena». Nomi e soprannomi, al lavoro gli agenti in forza al commissariato di polizia di Acerra, si arriva alla indentificazione di Vincenzo D’Angelo, come presunto responsabile dell’agguato. È ancora un testimone a ricostruire attimi concitati, sempre in relazione alla calca che si crea all’esterno della chiesa di San Giuseppe: «Ho sentito persone che urlavano Michele, Michele scappa che ti vogliono sparare e contestualmente ho visto Michele Castaldo che veniva spinto da altre persone all’interno della chiesa, dove si rifugiava insieme ad altre persone».

Video

Ma non ci sono solo ricostruzioni sommarie da parte di testimoni impauriti agli atti dell’inchiesta. No, c’è dell’altro. Stando alla misura cautelare firmata dal gip Teresa Valentino, decisive sono le immagini delle videocamere, che ricostruiscono il passaggio dei due presunti camorristi in sella alla moto, fino ad arrivare all’esterno della chiesa. E non è tutto. Secondo il gip, D’Angelo avrebbe anche tentato di precostruirsi una sorta di alibi. Era agli arresti domiciliari, con tanto di braccialetto elettronico e per eludere i controlli successivi all’evasione, avrebbe simulato un molore, recandosi al pronto soccorso della clinica Villa dei Fiori, dopo aver presumibilmente partecipato al raid. Una presunta messa in scena che non ha impedito al giudice di far scattare le manette ai polsi di D’Angelo, in una inchiesta che ora attende la replica dell’indagato, ma anche gli esiti della caccia al suo presunto complice. 

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