Capodanno folle, il prefetto di Napoli: «I napoletani riflettano
fenomeno intollerabile»

Di Bari: «Oltre alla repressione serve un sussulto delle coscienze»

Il prefetto di Napoli, Michele di Bari
Il prefetto di Napoli, Michele di Bari
di Giuseppe Crimaldi
Lunedì 1 Gennaio 2024, 23:45 - Ultimo agg. 3 Gennaio, 08:02
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«Gli episodi legati all’utilizzo di armi da fuoco che hanno provocato drammi e la tragedia di Afragola rappresentano fatti gravissimi. È impensabile che una festa possa finire nel sangue, assurdo, inconcepibile. E non devono più accadere: sono convinto che i napoletani sappiano riflettere su quanto accaduto e ricorrere al loro senso di maturità civica perché non succeda mai più». Alle sette della sera del primo gennaio il prefetto di Napoli, Michele di Bari, è seduto alla scrivania del suo studio, al secondo piano del Palazzo di Governo. 

Per tutta la giornata ha seguito gli sviluppi del caso più grave che ha macchiato di sangue la notte di San Silvestro: la morte di una donna colpita da un proiettile di pistola all’interno di un appartamento di Afragola.

Non è stato, purtroppo, un episodio isolato: un’altra donna resta in gravi condizioni in ospedale dopo essere stata centrata da un altro colpo di arma da fuoco mentre era affacciata al balcone di casa, in zona Forcella. Quando l’allucinazione raggiunge questi livelli, ogni festa può trasformarsi in tragedia. 

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Prefetto, avevate predisposto un piano che, per quanto riguarda l’ordine pubblico, ha retto molto bene. Poi, però, sono arrivate le gravi notizie di Afragola e Forcella, al netto delle cifre sul resto dei feriti a Napoli.
«La tragedia di Afragola, come pure l’altro episodio verificatosi nel centro storico di Napoli, nascono da momenti di follia assurdi, incomprensibili e ingiustificabili. Episodi da condannare, senza sé e senza ma. Anche se devo aggiungere e sottolineare che, in generale, i napoletani hanno dimostrato grande senso di responsabilità».

Ma che cosa si può fare per arginare questa deriva?
«È, purtroppo, una questione culturale, che spero non avvengano mai più. Com’è possibile trasformare in tragedia un momento gioioso di festa? Una festa non può degenerare in questo modo. In questo momento il mio pensiero va, ovviamente, alle vittime di queste gratuite brutalità, ma poi bisogna immaginare il futuro: per questo si deve lavorare, tutti, per incidere su chi vive ancora pensando che per celebrare l’ingresso del nuovo anno si debba impugnare un’arma da fuoco». 

Pensa che si possa arrivare a una presa di coscienza collettiva?
«Si deve assolutamente arrivare a questo. Napoli è una città che ha grandi tradizioni culturali: mai come adesso deve prevalere quel senso di responsabilità dimostrato già tante volte, abbandonando debolezze e omertà per fare ricorso a quegli anticorpi di senso civico che la città ha. E questo nell’interesse di tutta la collettività».

Che cosa serve, in concreto?
«Lo ripeto: non si può tacere, né abituarsi al bollettino di guerra che provoca morte e feriti per un modo assurdo ed assolutamente irrazionale di festeggiare la fine e l’inizio del nuovo anno. Si avverte l’urgente bisogno di un sussulto delle coscienze per acquisire la piena consapevolezza sulle conseguenze di un fenomeno intollerabile». 

E dunque?
«Al netto dei due casi di Afragola e Forcella, i napoletani hanno espresso un grande senso di responsabilità. Alla prevenzione dell’attività delle forze di polizia per contrastare l’uso illegale dei fuochi d’artificio e ogni forma di illegalità deve affiancarsi una poderosa azione culturale in grado di scuotere consolidati comportamenti che lastricano le comunità di sangue e sofferenza. Non si può dunque non confidare nella vivacità intellettuale, nella cultura e nella bellezza di una comunità e della sua storia millenaria per vivere il senso della vera festa». 

È ottimista?
«Ci sono segnali di grande fiducia che fanno ben sperare».

Fatto sta che il piano predisposto per tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza negli eventi pubblici ha ben funzionato, e gli episodi più gravi sono accaduti in contesti “domestici” o comunque impossibili da prevenire.
«Il dispositivo ha retto bene, e sento il dovere di ringraziare tutti i soggetti coinvolti: dalle forze dell’ordine alle polizie locali, dai vigili del fuoco che hanno lavorato incessantemente al personale delle Aziende sanitarie locali. E poi, ancora, gli addetti al servizio pubblico di mobilità, quelli dei Asìa, e tanti altri ancora. Sì, piazze e strade hanno retto la prova, non facile, dell’onda umana uscita dalle case per festeggiare il Capodanno tra la gente».

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