Napoli, il prefetto Michele di Bari: «Rapito da tanta bellezza, la cultura traino della città»

I primi cento giorni del prefetto a Napoli: «Qui l’arte è un collante tra le generazioni»

Il prefetto Michele di Bari con il sindaco Gaetano Manfredi
Il prefetto Michele di Bari con il sindaco Gaetano Manfredi
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Sabato 30 Marzo 2024, 23:45 - Ultimo agg. 31 Marzo, 21:03
5 Minuti di Lettura

Quando esce dal palazzo di governo, dopo una giornata di lavoro iniziata prestissimo, si concede una pausa tutta personale: «Mi lascio trasportare dal flusso del passeggio napoletano, scoprendo ogni giorno qualcosa, tra i mille siti di interesse storico e culturale che la città riserva ai suoi visitatori. Ma più di ogni altra cosa scopro il piacere di immergermi in una comunità viva, fatta di persone che amano vivere, sorridere e comunicare».

Eccolo il prefetto di Napoli Michele di Bari, dopo i suoi primi cento giorni partenopei. Un periodo in cui ha preso di petto ogni aspetto del vivere civile a Napoli, affrontando nodi e contenziosi che riguardano il mondo del lavoro, puntando con decisione al contrasto a ogni forma di illegalità (a partire dai dossier antimafia), ma soprattutto facendosi parte attiva di una comunità di cui sente ogni giorno di più figlio e protagonista. Senso delle istituzioni e voglia di lasciare il segno per il bene della comunità partenopea hanno caratterizzato anche questi primi cento giorni napoletani, come emerge dall’agenda fitta di impegni fino a poche ore prima della sua prima Pasqua partenopea. 

Video

Prefetto, cosa si vede dal suo ufficio? Che Napoli è quella che si ammira dal Plebiscito? 
«Una città in cui la cultura è al tempo stesso collante tra le generazioni e traino verso il futuro.

Devo dare atto che questa città straordinaria conserva intatta tutta la sua spinta propulsiva che deriva dal passato. In questi primi cento giorni ho avuto modo di constatare la veridicità delle parole di Malaparte».

A cosa fa riferimento? 
«Alla sua famosa definizione di Napoli come una Pompei non sepolta dalla lava. È così: qui un passato millenario fa da propulsore verso il futuro, creando le condizioni del vivere civile. Ricorda le parole di Malaparte? Napoli è la più misteriosa delle città, la sola che non sia andata distrutta, a differenza di Ilio, Ninive, Babilonia, ha sedimentato dentro di sé un passato che investe il presente e il futuro. Basta camminare e immergersi nel sul tracciato urbano per avvertire questa forza».

Un buon motivo per puntare sulla cultura, anche come risorsa e motore di sviluppo. 
«Credo che questa sia la sua forza attrattiva, peraltro attestata dalla massiccia presenza di turisti in questo primo week end di primavera. Un banco di prova che dimostra il buon lavoro svolto dai suoi amministratori, la buona volontà messa in campo dagli amministratori comunali e regionali: bisogna riconoscere che è stato fatto un lavoro significativo in questi anni, al punto tale da rilanciare la città in un circuito turistico internazionale».

Lei in questi mesi ha avuto modo di conoscere i principali attori istituzionali, peraltro confrontandosi con tante criticità del territorio, come è stata la costruzione di questo dialogo? 
«Ho avuto modo di incontrare forze straordinarie, mi riferisco alla magistratura, alle forze di polizia, ma anche ai sindacati e alle agenzie culturali in senso lato. Penso poi alla Curia, alle parrocchie e alle diocesi che gravitano attorno a Napoli, ma anche alle tante mense e dormitori che fanno parte di un tessuto culturale che non lascia indietro nessuno».

Intanto, la città è alle prese con mille problemi, dal lavoro alla criminalità, in che modo se ne esce a suo giudizio? 
«In Prefettura abbiamo iniziato a sperimentare una sorta di dialogo culturale con i giovani, partendo dal testo della Costituzione; forti del rapporto con i vertici della Federico II (che ringrazio), del contributo di magistrati come Santalucia, abbiamo posto le basi per un dialogo costruttivo tra le generazioni, puntando sulla legalità che è la cornice necessaria per ogni iniziativa da assumere».

Quest’anno sarà una Pasqua diversa, di fronte a una crisi internazionale segnata da due fronti di guerra e dall’incubo terrorismo. Cosa sente di dire ai napoletani? 
«Di stare tranquilli e di vivere questi giorni di festa con serenità, armonia e all’insegna del rispetto delle regole. Abbiamo previsto un sistema di vigilanza ampio e capillare, come si deve a una metropoli che si affaccia sul mediterraneo. Saranno potenziati i controlli negli scali e nei luoghi di grande assembramento, oltre a verifiche capillari condotte già da giorni sugli ingressi in città».

Veniamo ai problemi ordinari. È auspicabile un miglioramento dei servizi, a partire dall’igiene urbana? 
«Quanta più visitatori arrivano, maggiore è la pressione sulla qualità dei servizi. Ma ho la certezza che sono state messe in campo tutte le risorse possibili per rendere la città accogliente e all’altezza di una città come meta turistica».

Nuova piazza del Plebiscito, se ne parla da tempo, ma siamo ancora al palo. Qual è la prospettiva?  
«Parliamo di un luogo simbolo, iconico dell’identità e del rinascimento di Napoli. C’è un progetto con tanti soggetti istituzionali (Fec, Comune, Demanio, Sovrintendenza) su cui ho stabilito un tavolo settimanale, la svolta per il restyling del Plebiscito è a stretto giro. Useremo lo stesso metodo che abbiamo adottato per Galleria Umberto, dove tra poco ci sarà una riqualificazione definitiva».

Il mare, altra risorsa inutilizzata. Cosa ne pensa il prefetto di Napoli? 
«C’è stato un recente consiglio comunale tematico, è evidente che c’è la volontà politica di affrontare il problema e garantire la valorizzazione di una risorsa naturale come il mare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA