Casalesi, colpiti gli eredi e gli affari di Sandokan

Casalesi, colpiti gli eredi e gli affari di Sandokan
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 16 Settembre 2015, 08:50 - Ultimo agg. 10:06
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Non hanno battuto ciglio, non si sono scomposti. Sì, d'accordo, ci sono stati arresti e sequestri, ma lo show deve andare avanti. Via quelli della famiglia Grasso, finiti nelle indagini anticamorra della Dda di Napoli, ecco nuovi nomi, nuove società, nuove trame. È così che gli affari dei casalesi sulle slot machine e dei videopoker non sono mai cessati, con un monopolio rimasto saldamente nelle mani della camorra casertana.

Nelle mani degli Schiavone-Russo, a leggere l'ultimo atto di accusa della Procura di Giovanni Colangelo. Blitz contro le macchine mangiasoldi, vera e propria palestra del crimine organizzato, inchiesta dai grandi numeri. Sono 44 le misure cautelari emesse, cinque le società finite sotto sequestro, venti milioni di euro assicurati allo Stato, oltre 3200 macchinette bloccate.



Decisivo il lavoro svolto dalla Dia guidata dal capocentro Giuseppe Linares, in uno scenario investigativo che ha abbracciato anche altri asset dell'economia casalese: la distribuzione del caffé, di sale Bingo, attività di ristorazione in centri commerciali, gestione e investimento di cavalli da corsa e finanche tipografie. Oltre a presunti boss e imprenditori collusi, finisce sotto inchiesta anche un driver noto negli ippodromi di mezza Italia: si chiama Mario Minopoli, da ieri è agli arresti domiciliari per un'ipotesi di intestazione fittizia. Avrebbe condotto il cavallo Madison Om, ritenuto di fatto di proprietà di Massimo Russo, a sua volta fratello di un personaggio conosciuto come Peppe 'o padrino.



Sempre a Russo, attraverso prestanome, era legata una società proprietaria di cavalli, la O.M. Srl che, nella sua scuderia, annoverava un trottatore baio maschio nato in Italia nel 2006, di pregio (parliamo di Madison Om, ndr). Ora Madison om non si trova, sarebbe stato venduto e forse abbattuto. Stando alle indahini, il driver Minopoli avrebbe diviso gli ingaggi con il clan che, invece, si occupava di pestare a sangue chiunque offendeva l'animale da trotto nelle varie competizioni.



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