Mostri di Ponticelli, parlano i boss pentiti: scatta l’indagine bis

Quaranta anni dopo nuove verifiche sulla fine di due bambine di 7 e 10 anni

La Procura di Napoli apre un fascicolo sull’orrore consumato tra il due e il tre luglio del 1983, culminato nel delitto di Barbara Sellini (sette anni) e Nunzia Munizzi (10 anni)
La Procura di Napoli apre un fascicolo sull’orrore consumato tra il due e il tre luglio del 1983, culminato nel delitto di Barbara Sellini (sette anni) e Nunzia Munizzi (10 anni)
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 3 Agosto 2023, 23:46 - Ultimo agg. 4 Agosto, 13:57
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Verifiche in corso, verifiche doverose, che tornano a distanza di quaranta anni da un orrore indimenticato, dopo colpi di scena processuali e battaglie in aule giudiziarie. La Procura di Napoli ha deciso di aprire un fascicolo sui mostri di Ponticelli, l’orrore consumato la notte tra il due e il tre luglio del 1983, culminato nel delitto di Barbara Sellini (sette anni) e Nunzia Munizzi (10 anni). Due bimbe brutalizzate, uccise e date alle fiamme. Orrore di pedofilia, choc indelebile nella coscienza di tanti.

Su questa storia, come è noto, esiste una verità giudiziaria definitiva, dal momento che è da tempo passata in giudicato la condanna all’ergastolo per i tre imputati riconosciuti colpevoli.

Hanno scontato 27 anni di cella, nel 2015 sono tornati in libertà, da allora rivendicano la loro completa estraneità ai fatti. Una posizione tenace, propria di chi rivendica giustizia per se stesso, ma anche per le famiglie delle due bambine, battendo su un punto in particolare: l’assassino di Barbara e Nunzia l’ha fatta franca, ha vissuto quaranta anni coperto da impunità, silenzi e depistaggi. 

Ma in cosa consiste il nuovo filone giudiziario? Inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Raffallo Falcone, titolare del pool reati contro le fasce deboli, chiara la strategia adottata dalla Procura di Napoli: le verifiche sul caso di Ponticelli non intendono rappresentare una revisione delle sentenze passate in giudicato, ma il tentativo di verificare una serie di spunti emersi negli ultimi mesi. Di cosa parliamo? Da un lato le inchieste giornalistiche, dall’altro il lavoro fatto dalla commissione parlamentare antimafia, che ha in questi mesi ascoltato potenziali testimoni legati all’orrore di Ponticelli. Ad attendere gli sviluppi, ci sono i tre condannati in via definitiva - parliamo di Giuseppe La Rocca, Luigi Schiavo e Ciro Imperante - che, conviene ribadirlo rivendicano il diritto a reclamare la propria innocenza. Ma partiamo dalle inchieste mediatiche. Nel 2010, è toccato all’ex camorrista Giacomo Cavalcanti dedicare un capitolo del proprio “Viaggio nel silenzio imperfetto” alla storia di Ponticelli, mentre ad alzare l’attenzione su questo caso, il libro reportage della giornalista del Mattino Giuliana Covella “Il mostro ha gli occhi azzurri” (Guida Editore), e la più recente controinchiesta de Le Iene. Non è finita. 

Sulla storia di Ponticelli, si è mossa anche la commissione parlamentare antimafia, che fa leva su due possibili testimonianze di due ex boss di camorra, poi passati a collaborare con la giustizia. In commissione, è toccato a Giuseppe La Rocca (oggi sessantenne) ricordare il trattamento di favore riservato a lui e agli altri due imputati da Ciro Sarno, ex boss di Ponticelli e Pasquale Galasso. Entrambi avrebbero assicurato protezione in cella ai tre imputati, «in quanto - spiega Giuseppe La Rocca - in carcere erano consapevoli della nostra innocenza».

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Ma ripercorriamo il verbale di La Rocca: «Ciro Sarno era con noi nel carcere di Maiano, ci ha sempre protetti in ogni maniera, ci ha graziati, in tutti quegli anni, non ho avuto un solo schiaffo». Ed è ancora Giuseppe La Rocca a ribadire lo stesso trattamento da parte di Pasquale Galasso, ex numero uno della Nuova Famiglia (braccio destro di Carmine Alfieri), nel corso della loro detenzione a Fuorni: «Ci incontrò in carcere e ci disse di stare tranquilli, che non ci avrebbero toccati, perché in carcere tutti sapevano della nostra innocenza». Come a dire: se ci fosse stata la consapevolezza della responsabilità dei tre imputati, sarebbero scattate vendette in cella contro chi aveva ucciso due bambine. Ora la parola tocca alla Procura, probabile acquisizione della relazione della Commissione, non si esclude l’audizione di Galasso e Sarno. 

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