Napoli, 21 arresti oggi: cellulari e droga nelle carceri con i droni

Coinvolti anche un fotografo e un informatico, tante donne in campo

Il carcere di Secondigliano
Il carcere di Secondigliano
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Martedì 19 Marzo 2024, 07:50 - Ultimo agg. 20 Marzo, 06:46
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Un fotografo e un informatico in grado di modificare le apparecchiature all’occorrenza. Tante donne per un commercio gestito da Napoli, con trasferte in tutta Italia: quello della vendita di droga e cellulari (a volte anche armi) nei penitenziari Italiani grazie all’uso di droni. 

A Napoli c’era la base logistica, militare e commerciale, grazie al ruolo di una donna, madre di un boss di Bagnoli, mentre in azione c’erano altri soggetti (dentro e fuori le celle) legati ai clan della Alleanza di Secondigliano, ai Lo Russo, Sibillo, ma anche ad alcuni esponenti riconducibili ai Moccia.

Una organizzazione smantellata oggi grazie a un blitz coordinato dalla Dda di Napoli, al termine del lavoro investigativo dei pm Graziella Arlomede, Maria Sepe e Simona Rossi, in una vicenda che viene coordinata dallo stesso procuratore Gratteri.

Si parte dal ruolo di un pregiudicato napoletano (Alessio Peluso) che nel carcere di Frosinone si rese protagonista di un agguato: legato ai Lo Russo, si fece mandare una pistola tramite un drone, per poi sparare contro altri tre detenuti. Una vicenda da cui è nata una indagine culminata in queste ore in 21 misure cautelari con l’accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico finalizzata alla introduzione di droga e cellulari con i droni in diversi penitenziari italiani. Decisivo il lavoro del Ros dei carabinieri e della squadra mobile, grazie al quale è venuto fuori uno scenario unico sotto il profilo nazionale. 

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Il caso Secondigliano 

Ed è in questi mesi che è emerso un particolare un dato: la prima piattaforma di volo scoperta era in una terrazza all’esterno del carcere di Secondigliano, in uno scenario in cui il grosso dei traffici aerei avvenivano di domenica, quando i turni degli agenti di polizia penitenziaria rendevano più difficili i controlli.

Al centro dell’inchiesta spuntano anche un fotografo e un tecnico informatico, che riusciva a modificare i velivoli e a organizzare le rotte aeree.

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