Gelsomina Verde uccisa e bruciata, l'ordine ai killer: ​«Fatela parlare e poi ammazzatela»

Arrestati altri due uomini del commando: la ragazza era fidanzata con un nemico dei Di Lauro

Gelsomina Verde; a sinistra, l'auto bruciata con il corpo della ragazza
Gelsomina Verde; a sinistra, l'auto bruciata con il corpo della ragazza
di Giuseppe Crimaldi e Leandro Del Gaudio
Giovedì 27 Luglio 2023, 22:56 - Ultimo agg. 29 Luglio, 09:05
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«Dicci, dove sta ‘o Saracino? Dove sta, dove si nasconde?». Per gli uomini del clan Di Lauro stanare “’o Saracino” - al secolo Gennaro Notturno, elemento di spicco degli Scissionisti, e quindi considerato un traditore - dal rifugio nel quale si nascondeva era diventata un’ossessione. Notturno doveva morire: a emettere la sentenza capitale, nei giorni della furiosa guerra che insanguinava Secondigliano, Scampia e i Comuni dell’hinterland a nord di Napoli durante la prima faida del 2004, erano stati gli stessi figli di Paolo Di Lauro. Ma Notturno era introvabile: e per questo il clan decise di sequestrare una ragazza che lo conosceva, per obbligarla a rivelare il covo del nemico. Lei, la povera Gelsomina Verde (una ragazza solare, operaia incensurata ed estranea a vicende criminali), in realtà nulla sapeva degli spostamenti dell’uomo: e dopo essere stata sottoposta a minacce e a un interrogatorio serrato, venne assassinata brutalmente, con due colpi di pistola. I killer, subito dopo, ne diedero il corpo alle fiamme.

Su questo che resta uno dei più agghiaccianti delitti commessi dalla camorra negli ultimi anni, ieri - 19 anni dopo - si è chiuso il cerchio con l’arresto di due dei presunti sicari: Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, detto «’o Vichingo», gravemente indiziati dell’omicidio con l’aggravante della premeditazione e del metodo mafioso in quanto commesso allo scopo di avvantaggiare il clan Di Lauro. Arresti eseguiti dalla Polizia di Stato, su delega della Dda di Napoli, in esecuzione di un’ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip Marco Giordano. Per lo stesso omicidio sono stati già condannati Pietro Esposito, che aveva condotto la giovane all’appuntamento con i suoi assassini, e Ugo De Lucia, ideatore e partecipe all’esecuzione materiale dell’agguato in qualità di responsabile di uno dei gruppi di fuoco attivi durante la faida per conto dei Di Lauro. Le indagini della Squadra Mobile di Napoli sono state riavviate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli nel 2020 grazie alle dichiarazioni rese da tre collaboratori di giustizia: Salvatore Tamburrino, Pasquale Riccio, e lo stesso Gennaro Notturno.

 

Sarà in particolare Tamburrino - l’uomo che dopo aver ucciso la moglie Nora Matuozzo decise di collaborare con la giustizia, fornendo le informazioni chiave, determinanti per la cattura del boss Marco Di Lauro - a rivelare lo scenario da brividi nel quale maturò il sacrificio di Gelsomina. «Una sera - racconta il pentito - a casa di Cosimo Di Lauro venne Ugo De Lucia, ed erano presenti oltre a Cosimo anche Marco Di Lauro, il fratello Ciro e Giovanni Cortese. De Lucia fece il nome di Gelsomina Verde, in quanto conosceva Gennaro Notturno, scissionista.

Cosimo gli disse: “Prendi questa ragazza e cerca quante più informazioni possibili sul “Saracino”. Poi si deve ucciderla, prima che avvisi il fidanzato. Marco e Ciro Di Lauro gli raccomandarono di non fare casino, perché era prevedibile che l’omicidio di una giovane avrebbe fatto molto clamore sui giornali. E dissero: “Vedi tu, spara un solo proiettile, fallo passare per una rapina e non per un omicidio di camorra”». De Lucia li rassicurò: «Me la vedo io con mio cugino Luigi». Quando si apprese del delitto, e che Gelsomina era stata uccisa e poi bruciata «Marco Di Lauro - sono sempre parole di Tamburrino - si mise le mani nei capelli dicendo: “Che ha combinato Ugo...”. Mi recai da Ugo dicendogli che Di Lauro stava come un pazzo con lui per le modalità dell’omicidio; e vidi che Ugo si era rasato i capelli; lui mi spiegò che era colpa del cugino Luigi, e che quando diedero fuoco alla macchina al cui interno c’era la Verde, Luigi non si era accorto che Ugo era molto vicino al veicolo, e le fiamme gli avevano bruciato i capelli e le sopracciglia».

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Commenta Alfredo Fabbrocini, capo della Squadra Mobile di Napoli, che ha diretto le ultime indagini: «Per l’omicidio di una ragazza di 22 anni è responsabile l’intero gruppo criminale (il clan Di Lauro, ndr): penalmente ci saranno sicuramente altre posizioni da definire, ma moralmente sono tutti colpevoli». Fabbrocini ha spiegato che «non sono ancora chiari i singoli comportamenti di ogni persona, e su questo continueremo a lavorare, cercheremo di far luce anche su questo. Fondamentale per la ricostruzione dell’accaduto è stato il ruolo dei collaboratori di giustizia. Le loro dichiarazioni sono state univoche, concordanti e ci hanno permesso di individuare i due soggetti arrestati». 

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