La «faida del Principino»: per quei 10 morti processo 26 anni dopo

Tutto partì da un litigio in discoteca

Paolo Di Lauro al momento dell'arresto
Paolo Di Lauro al momento dell'arresto
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Lunedì 16 Ottobre 2023, 23:15 - Ultimo agg. 18 Ottobre, 07:22
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Il momento iniziale di quella carneficina, secondo un pentito, va riassunto nelle parole di Maria Licciardi a Paolo Di Lauro: «Cirù (da ciruzzo o milionario, alias di Paolo Di Lauro, ndr) tu quanti figli tieni? Tieni dieci figli? Allora mettiti in testa che la morte di mio nipote vale quanto la vita dei tuoi dieci figli». E da allora fu una carneficina, con dieci omicidi in pochi mesi, una lista di nomi da uccidere che venne affissa all’esterno delle chiese di Scampia, rione Monterosa, Secondigliano, e tanti killer rimasti impuniti per almeno 26 anni. È stata la faida del “principino”, nomignolo affibbiato a Vincenzo Esposito, figlio di una sorella di Maria Licciardi (che non è imputata in questa storia), ma soprattutto nipote di Gennaro ‘a scigna, stroncato da una infezione in carcere nel 1994. 

Vincenzo Esposito era il designato - il principino appunto - al trono della Masseria Cardone, ma fu ucciso al termine di una lite nata per motivi futili. Storia di movida, diremmo oggi con un linguaggio moderno: era il 16 marzo del 1997, quando la comitiva di Esposito andò a ballare in una discoteca di Posillipo. In pista, c’è un ragazzo che fa parte di un altro gruppo di Secondigliano (a sua volta legato al boss Prestieri, braccio destro di Paolo Di Lauro) che ci prova con una parente del principino. Apriti cielo. Scoppia una lite in tre fasi, che culminerà in una vera e propria mattanza criminale. In sintesi, quella domenica notte il gruppo del principino va a picchiare un ragazzo che vende sigarette di contrabbando al corso Secondigliano. È un parente stretto di Francesco Fusco, che è a capo del gruppo nel quale militava il ragazzo che aveva osato le avances. Non è finita. Fusco non ci sta e va a sparare nella Masseria Cardone, feudo dei Licciardi. Viene ferito Carmine Brancaccio, amico di Vincenzo Esposito.

Che non sta a guardare.

Il giorno dopo monta su una moto enduro, guidata dal complice Pasquale Giacomelli e va a fare fuoco contro quelli del Monterosa, che fanno capo alla famiglia Fusco: Vincenzo Esposito uccide Salvatore Esposito (alias ‘o formaggiaro), convinto di aver chiuso i conti in modo definitivo con quelli che avevano osato importunare una propria parente oltre che entrare con arroganza nel feudo di Masseria Cardone. Ma le cose gli vanno male. Durante la ritirata, la moto in cui viaggiava il principino viene improvvisamente bloccata da un bus che si ferma al centro della carreggiata.

I Fusco pareggiano i conti. E uccidono il principino. Un dramma per molti. In poche ore, tutti i boss di Scampia e rione Monterosa lasciarono le loro abitazioni, di fronte al rischio di una vendetta. Una fuga preventiva, prima dei chiarimenti che si tennero con i vertici dei Licciardi al cospetto di Di Lauro, che era il capo dei Prestieri, che avevano tra i loro uomini i killer dei Fusco. Si decise di vendicare i Licciardi. E morirono così Pasquale Benderi, Ciro Cianciulli, Francesco Fusco e Armando Esposito (colpiti a Melito da killer vestiti da poliziotti che avevano seguito la figlia di una delle due vittime, riuscendo ad accedere così nel covo); ma anche Eduardo Cianciulli, Giuseppe Balestrieri, Gennaro Romano, Renato Tramontano, Umberto Zovasco. In pratica, tutti quelli che erano ritenuti responsabili di aver svolto un ruolo, anche solo marginale, nella morte del principino. Tutti morti, tranne uno. Riuscì a salvarsi infatti quello che, secondo i pentiti, fece fuoco e uccise Vincenzo Esposito, in quanto parente e guardaspalle di Francesco Fusco. Si chiamava Modestino Bosco, per tutti Celeste. 

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Riuscì a farla franca, anche grazie all’arresto per fatti di droga. Venne scarcerato nove anni dopo la lite nella discoteca di Posillipo, ma la vendetta venne servita fredda. Venne ucciso il due settembre del 2006, all’interno di una autorimessa, da parte di killer che la notte festeggiarono mangiando cornetti con la nutella e guardando film di Totò e match di wrestling. Era la decima vittima, di una stagione di sangue che ora vede a giudizio alcuni nomi eccellenti della camorra napoletana. Domani, dinanzi al gup, sono imputati Guido e Raffaele Abbinante, Dario De Felice, Paolo Di Lauro, Antonio Leonardi, Giuseppe Lo Russo, Raffaele Perfetto, Antonio e Maurizio Prestieri, Gennaro Russo, Ettore Sabatino, Gennaro Trambarulo. Tutti innocenti fino a prova contraria, in un processo alla faida degli impuniti, in un Tribunale blindato per arginare sul nascere vecchi e nuovi veleni.

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