Maculopatia retinica, arriva la Iontoforesi al Cardarelli

Una corrente applicata sull’occhio per pochi minuti blocca la progressione della malattia

La Lutenia
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di Ettore Mautone
Mercoledì 10 Aprile 2024, 14:15 - Ultimo agg. 15:44
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Si chiama Iontoforesi ed è un’innovativa tecnica, non invasiva, per bloccare la progressione di alcune maculopatie, degenerazioni senili della retina o conseguenza di diabete e altre alterazioni. La nuova tecnica consente di far arrivare con maggiore efficienza nel tessuto retinico, rispetto alla tradizionale somministrazione in pillole, alcune sostanze, potenti antiossidanti, che hanno funzione protettiva per la visione, naturalmente presenti nella parte sensibile dell’occhio ma carenti nella degenerazione maculare, una delle patologie oculari a maggiore incidenza nell’età adulta e nell’invecchiamento e principale causa di ipovisione e cecità. 

Con questa tecnica sono stati per la prima volta al Sud trattati una decina di pazienti presso il centro di maculopatie e patologia vitreoretinica del Cardarelli di cui è responsabile Vincenzo De Angelis (Unità complessa di Oculistica diretta da Pasquale De Rosa). 

«La precoce diagnosi di degenerazione maculare e i nuovi trattamenti – avverte De Angelis - aumentano la probabilità di conservare una buona visione negli anni anche se non ci sono ancora trattamenti definitivi. Il monitoraggio regolare e queste nuove terapie sono però in grado di ottenere ottimi risultati come documentato nei circa 10 casi che abbiamo trattato con la Iontoforesi a Napoli e per la prima volta al Sud».  
Pazienti campani e anche provenienti da fuori regione trattati gratuitamente.  

La tecnica consente di veicolare direttamente nell’occhio sostanze come la Luteinae il suo isomero la Zeaxantina, principali componenti del pigmento maculare dell’occhio umano altamente concentrati nella fovea, la sua parte centrale. 

«Le principali funzioni di questi carotenoidi maculari sono l’effetto scudo,ossia proteggere i sistemi di membrana dei fotorecettori retinici da dannose radiazioni ionizzanti.

Questo intervento è associato al drastico rallentamento e alla prevenzione della progressione della malattia. Finora – aggiunge lo specialista – i trattamenti si limitavano ad una supplementazione per via orale aggiunti ad altri interventi sullo stile di vita come smettere di fumare, ridurre il peso, assumere una dieta ricca di antiossidanti e acidi grassi Omega tre. Vari studi hanno fornito prove coerenti dei benefici del trattamento degli antiossidanti nella degenerazione maculare senile di grado intermedio. Un sostanziale incremento del pigmento maculare richiede però più di tre mesi di assunzione orale e la concentrazione retinica resta limitata. Un ostacolo tuttavia superato con la Iontoforesi che rende i risultati molto più rapidi e che è in grado di concentrare le sostanze protettive direttamente nell’occhio».

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La durata della somministrazione dell’applicazione di iontoforesi sclerale è di 4 minuti.  Durante il trattamento la luteina passa attraverso la sclera e il corpo ciliare e raggiunge la retina perifericafino alla regione maculare. Un trattamento privo di effetti collaterali, ripetibile (con due trattamenti annui), facile da usare e dai risultati incoraggianti come documentato in studi scientifici su 112 pazienti arruolati in tutta Europa presentati di recente a Napoli nel congresso internazionale sulle maculopatie e sulle nuove proposte terapeutiche presieduto da De Angelis e in cui sono intervenuti esperti da tutta Italia. 

La maculopatia o degenerazione maculare è una patologia che colpisce la macula, la zona centrale della retina. È progressiva ed irreversibile ma è possibile rallentarne o addirittura bloccarne il decorso se individuata per tempo. E' proprio grazie alla macula infatti che distinguiamo i dettagli e i colori del mondo che ci circonda.

In presenza di degenerazioni maculari la visione diventa distorta e sfocata. Per questa ragione chi è affetto da maculopatia prova grande difficoltà nello svolgere attività quotidiane anche semplici, come leggere, scrivere, cucire, con un notevole peggioramento della qualità della vita. La maculopatia non causa dolore, i sintomi iniziali più frequenti sono una cattiva visione in presenza di scarsa illuminazione, la perdita della visione centrale spesso associata a una visione distorta e poco dettagliata soprattutto al centro del campo visivo, una percezione sbiadita dei colori e nei casi più gravi delle aree di non visione. Questi "buchi" sono chiamati in termini tecnici scotomi. Le diverse forme di maculopatia sono la degenerazione legata all'età (AMD) e l'edema maculare diabetico (DME). 

L'incidenza

Queste patologie retiniche colpiscono oltre 40 milioni di persone nel mondo, in Italia attualmente sono più di 500.000 (in Campania circa 50 mila) e si stima, entro il 2040, che il numero aumenti fino a 1 milione di persone. La nAMD e il Dme sono due delle principali cause di riduzione grave della vista principalmente diffuse tra le persone con più di 50 anni, una parte di popolazione ancora pienamente attiva a livello sociale e lavorativo. Tra le novità terapeutiche si è discusso di Faricimab il primo anticorpo bispecifico approvato per uso intraoculare che si caratterizza per il suo meccanismo unico a doppia azione, che neutralizza sia l’angiopoietina 2 (Ang-2) sia il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A), due vie metaboliche connesse a varie patologie retiniche, che contribuiscono alla perdita della vista determinando la destabilizzazione vascolare e che causa lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni permeabili e aumentano l’infiammazione. Il farmaco ha mostrato di garantire l’efficacia riducendo il numero di somministrazioni annuali di iniezioni intravitreali. Faricimab, infatti, secondo studi di fase III, è  l’unico farmaco oculare iniettabile che permette al paziente con nAMD e DME di sottoporsi al trattamento a intervalli fino a quattro mesi, riducendo così il numero di iniezioni intraoculari annue. «Sottoporsi con meno frequenza alle iniezioni, garantendo la capacità di mantenere e migliorare la vista nel tempo – conclude De Angelis - potrebbe offrire ai pazienti, ai caregiver e al sistema sanitario la possibilità di accedere ad un piano terapeutico meno gravoso». 

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