Salvatore Coppola ucciso a Napoli, la Procura: «I segreti nel suo cellulare»

Il colpo di grazia alla nuca in stile camorristico

Il luogo del delitto
Il luogo del delitto
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Venerdì 15 Marzo 2024, 07:00 - Ultimo agg. 16 Marzo, 09:06
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Lo hanno centrato alla nuca: il colpo di grazia, quello che gli ha stroncato la vita è arrivato alle spalle. Probabilmente stava scappando, aveva provato a schivare i primi colpi ma non ce l'ha fatta. Agguato di stampo camorristico, quello che ha ucciso il 65enne Salvatore Coppola, ingegnere che in passato aveva attraversato una parentesi da collaboratore di giustizia, dopo essere rimasto invischiato in una vicenda di appalti e di possibili legami con la camorra di Napoli est.

Pochi giorni dopo l'agguato, le indagini vanno sul tecnico.

Da un lato l'autopsia, dall'altro le acquisizioni disposte dalla Procura di Napoli. Inchiesta condotta dai pm Sergio Raimondi, Simona Rossi e Maria Sepe, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Rosa Volpe e dello stesso procuratore di Napoli Nicola Gratteri, ci sono dei punti centrali su cui prende le mosse l'inchiesta: si parte dal telefono cellulare dell'ingegnere napoletano. Contatti, dunque. La Procura passa al setaccio i contatti di Coppola, le sue relazioni più recenti, la trama dei rapporti intrecciati negli ultimi giorni. Messaggi, telefonate. Non è impossibile che la chiave di volta del giallo, almeno per quanto riguarda la matrice e gli esecutori materiali, passi anche dal telefono della vittima. Massima attenzione anche su un altro punto. Quello legato all'attività lavorativa del 65enne ammazzato martedì scorso. È il capitolo principale dell'inchiesta, quello legato agli affari condotti dal professionista napoletano.

Un filone che punta sulla sua attività di mediatore nella gestione delle pratiche immobiliari, in un quartiere come San Giovanni a Teduccio finito in questi mesi al centro di una radicale opera di riqualificazione urbanistica. In ballo, tra via Taverna del ferro e il cimitero, ci sono i milioni del Pnrr, roba che fa gola ai clan storicamente radicati nella zona orientale. Questione di equilibri criminali che potrebbero essere saltati alla luce di recenti scarcerazioni e di condanne che potrebbero aver indebolito o rafforzato questa o quella cosca nella polveriera della periferia orientale. Un contesto che era ben noto al professionista ucciso. In passato, aveva collaborato con la giustizia, ammettendo di conoscere il boss Vincenzo Mazzarella, fino ad agevolarlo in alcuni affari. E anche di recente il professionista era solito rimanere informato su storie e vicende di cronaca, come emerge dal fatto che nella sua auto sono stati trovati giornali specializzati proprio in fatti di nera. Ma torniamo alle mosse investigative. Probabile che in queste ore la Procura decida di ascoltare come persone informate dei fatti parenti, amici e soprattutto colleghi dell'ingegnere. Una mossa strategica che punta a fare chiarezza sulle sue strategie più recenti, nella convinzione secondo la quale la chiave di volta del giallo sia attuale. Un no detto a un boss, il tentativo di troncare vecchi rapporti, un conflitto nato per affari che sembravano dimenticati. Il tutto con l'aggravante (in un'ottica mafiosa) di aver collaborato in passato con lo Stato. 

 

Intanto, sempre a proposito di Napoli est, sono terminati tre processi per i vertici del clan Mazzarella. In tre filoni processuali diversi, viene ribadita l'esistenza di un cartello familiare che si estende da forcella alla zona di San Giovanni. Al termine del lavoro del pm Antonella Fratello, sono stati condannati Antonietta Virenti, vedova del boss Vincenzo Mazzarella, che incassa una pena a 12 anni; Salvatore Barile, a 18 anni; Ciro Mazzarella, come capo del gruppo D'Amico di San Giovanni, che incassa due condanne a 16 anni e otto mesi e a 13 anni e 4 mesi. 

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