Voragine al Vomero, intervista a Francesco Paolantoni: «La città ha bisogno di manutenzione, non aspettiamo che ci scappi il morto»

«Il mio non è un appello, è solo la necessità di far sentire forte la voce di tutti»

Francesco Paolantoni
Francesco Paolantoni
di Paolo Barbuto
Lunedì 11 Marzo 2024, 07:00 - Ultimo agg. 16:54
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Abita a cinquanta metri dalla voragine di via Morghen, Francesco Paolantoni ha vissuto da vicino tutte le difficoltà e le paure del quartiere. Ieri l'ultima recita napoletana di “O tello o io!”, poi partirà in tournée e lascerà per un po' il Vomero che l'ha adottato, però prima di andare via ha deciso di scendere in campo per il suo territorio. Sabato scorso, di fronte all'ennesima alluvione di liquami è andato in strada, ha attivato una diretta social e ha provato a raccontare tutte le preoccupazioni e i timori dei cittadini, chiedendo rapidità e sicurezza, poi ha concluso con una domanda drammatica: «Aspettate che ci scappi il morto per intervenire sui dissesti di Napoli?».

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Quando un personaggio pubblico si mette in gioco, e ci mette la faccia, significa che la situazione è grave.
«Non ho le competenze per valutare la gravità della situazione.

Dal giorno in cui s'è verificata la voragine, però, crescono tensione e apprensione, e anche io vivo le quotidiane preoccupazioni della gente, che un po' sono anche le mie».

E le preoccupazioni si sono tradotte in un invito pubblico sui social: intervenite presto.
«Non è un appello, è solo la necessità di far sentire forte la voce di tutti. Questo è diventato il mio quartiere, se posso amplificare una richiesta d'aiuto lo faccio con piacere, soprattutto di fronte a una situazione che sembra non avere via d'uscita».

Il messaggio, in effetti, è una stoccata all'amministrazione.
«Sbaglia chi ha visto questa sfumatura, nessuna stoccata, nessun messaggio nascosto. Semplicemente perché è sotto gli occhi di tutti che certi disastri sono figli di lunghi anni di disattenzione. E poi a me, onestamente, non interessa trovare colpevoli ma cercare soluzioni a questa situazione. Sento parlare di colpe che forse sono dell'Abc, forse del Comune, forse dei privati: questi sono argomenti dei quali deve occuparsi la Procura. A noi che viviamo in quest'area e vediamo baratri aprirsi sotto i piedi giorno dopo giorno, interessa solo sapere cosa viene fatto, quali sono le soluzioni studiate per cancellare i problemi».

Ecco, partiamo dalle soluzioni...
«Nei primi momenti dopo la voragine avevano promesso che ci sarebbero stati interventi tempestivi. Dopo nemmeno venti giorni ci sono stati già tre allagamenti di liquami, ma dov'è la tempestività che era stata annunciata? A me sembra che ci sia una inspiegabile lentezza. Perciò torno sull'appello che ho anche lanciato via social: fate qualcosa e fate presto, chiunque debba agire lo faccia».

Lei continua ad essere moderato, non punta il dito contro nessuno.
«Parliamo di un sistema fognario che ha più di cent'anni, che nasceva nel momento in cui Edoardo Scarpetta costruiva la sua villa al Vomero. Come possiamo immaginare di individuare un unico responsabile per cent'anni di abbandono? E quale senso avrebbe fare una lista di nomi delle persone che hanno amministrato la città dagli inizi del 900 ad oggi?».

Dunque tutto si restringe alla richiesta di interventi emergenziali quando si apre una voragine?
«Forse l'idea di mettere finalmente sul tavolo un piano di verifica del sottosuolo, che sento da più parti, può essere un punto di partenza utile, proprio per evitare di dover rincorrere le emergenze».

Anche perché la città è colma di dissesti e anche di cavità.
«Se quel che ho letto è giusto, il Vomero galleggia su un numero immenso di cavità, e questo già sarebbe un buon motivo per avviare un progetto di controlli e di manutenzione, oltre alla verifica puntuale di tutti i sottoservizi, ovviamente».

Poi bisognerebbe intervenire, mettere in sicurezza, mostrare attenzione ai problemi e risolverli.
«Io sono un illuso che s'immagina interventi a tappeto, vorrei vedere cento tecnici che effettuano carotaggi e scoprono quel che c'è nel sottosuolo».

Siamo a Napoli...
«Vero, e proprio perché siamo a Napoli io non mi arrendo e continuo a sperare che cambi tutto. Anche se sono davvero preoccupato. Non c'è retorica nella domanda che mi pongo da giorni: aspettiamo che muoia qualcuno prima di fare qualcosa per questa città?». 

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