Pd Napoli, Peppe Annunziata eletto segretario ma è duello in assemblea tra De Luca e Sarracino

Il governatore alza le barricate: «Il destino della Campania si decide qui, né a Roma e né all'Onu»

Peppe Annunziata all'assemblea Pd
Peppe Annunziata all'assemblea Pd
di Adolfo Pappalardo
Sabato 1 Aprile 2023, 09:00 - Ultimo agg. 2 Aprile, 10:01
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«I nostri avversari sono fuori dal partito», rimarca, nel suo discorso di insediamento, il nuovo segretario Pd di Napoli Peppe Annunziata. Ma l'augurio dura giusto il tempo di tre interventi. Nell'ordine il sindaco Manfredi, il governatore De Luca e il deputato Sarracino che si pizzicano con le lame sguainate. Tutti. Con maggiore vigore il segretario uscente della federazione e l'ex sindaco di Salerno. Con il secondo che, più volte, accusa il Pd «di non valorizzare il lavoro in Regione» e il primo, già in odore di un incarico di peso nella segreteria nazionale, che rimarca come «serve un partito più autonomo e che anche in Campania si sintonizzi con Roma. E il nuovo segretario nazionale eletto». Tanto per far digerire il commissario in arrivo per il partito campano (oggi dovrebbe essere la volta buona). E, ancora, le distanze (siderali) che rimangono sulle alleanze. Con i grillini rimarcano Manfredi e Sarracino, senza per De Luca che ironizza: «Caro Gaetano attento a frequentare cattive compagnie...», riferendosi sicuramente a Roberto Fico. Con i due, seduti in due fila diverse, che si non si stringono né la mano, né si accennano un saluto quando si incrociano. Insomma le distanze sono enormi. Tra primo cittadino e presidente e tra i due rispetto al partito stesso. Accoglienza calorosa per il primo cittadino, platea tutto sommato fredda per il governatore (che per la prima volta si presenta ad un'assise di insediamento dem). Rimarcando un nuovo riposizionamento dell'assemblea verso il gruppo Schlein anche se De Luca venderà cara la pelle: «Le elezioni regionali sono tra tre anni ma il destino campano si decide qui: né a Roma e né all'Onu». Per la serie preparatevi ad assistere ai fuochi d'artificio nel Pd. 

«Abbiamo una responsabilità enorme come forza progressista: un'alternativa a questo governo di destra deve partire necessariamente da questa città», ragiona Gaetano Manfredi mentre in sala tutti ipotizzano una sua futura iscrizione al partito della Schlein.

Comunque sia il primo cittadino rimarca, e rivendica soprattutto, il progetto politico che l'ha portato a San Giacomo. «Napoli e la città metropolitana sono un punto di riferimento, sono ora al centro della politica nazionale dopo che era sparita per anni. E da Napoli - rimarca ancora una volta - può partire il campo largo del centrosinistra». 

La replica arriva subito, all'incipit dell'intervento di Vincenzo De Luca che dura quasi mezz'ora: «Se dovessi dire che mi sento a mio agio, non sarebbe vero. A cominciare dall'espressione - sottolinea - campo largo che non significa nulla». Poi se la prende con il Pd prima di tentare di blandire Manfredi («lavoreremo con Gaetano nonostante tutto...»). Mancano tre anni alle regionali, non vi agitate e state calmi. Il destino della Campania si decide qui: né a Roma, né alle Nazioni unite». E ancora il gancio in pieno petto al Pd: «Noi qui buttiamo il sangue mentre a Roma si divertono, fanno i turisti svedesi». E poi, più volte, quasi intima al partito: «Rivendichi i risultati ottenuti qui, rivendichi il lavoro della Regione», che è un leitmotiv quasi ossessivo del suo intervento. Tanto da suscitare la replica secca e puntuta del segretario uscente. Punto per punto. 

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«Non sapevo di vivere in Svezia...», esordisce Marco Sarracino che chiede «al Pd napoletano di sintonizzarsi su quello nazionale». «Sciogliendo aggiunge i nodi politici. A cominciare dall'alleanza con i grillini. Che è nata qui e ci ha portato alla vittoria a San Giacomo dopo aver fallito per ben due volte», aggiunge. Poi un'altra sciabolata riferita a De Luca: «Un'alleanza - riferendosi ai 5 Stelle - che si chiama campo largo dei riformisti e dei progressisti. Meglio, molto meglio di un certo civismo che oggi sta con noi e domani no. Questo si chiama trasformismo e l'abbiamo visto sulla nostra pelle con il dimezzamento dei nostri consiglieri regionali». E sul partito? «Serve un Pd autonomo rispetto agli enti locali ed agli amministratori. E serve sintonizzare i gruppi dirigenti locali con la nuova linea nazionale. Quella votata - chiude - dai militanti che hanno bocciato quella degli amministratori». 

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