Sanità, Sos tumori in Campania: «Diagnosi in ritardo, cresce la mortalità»

Registro malattie, report del dirigente: «Gap del 10 per cento rispetto al Nord»

La cura dei tumori
La cura dei tumori
di Ettore Mautone
Giovedì 22 Giugno 2023, 23:58 - Ultimo agg. 24 Giugno, 17:20
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Tumori, i cittadini di Napoli e delle altre province campane continuano a scontare una più elevata mortalità per cancro rispetto alla media italiana e delle regioni del Sud e una ridotta sopravvivenza dopo la prima diagnosi nonostante la Campania abbia, negli ultimi anni, migliorato sensibilmente i livelli di cura e la Rete oncologica sia una realtà che garantisce percorsi e un accesso alle cure mediche e chirurgiche sempre più omogenei. Il nodo irrisolto sono gli screening (largamente insufficienti) e la diagnosi precoce che fanno invece posto quasi sempre a una individuazione tardiva della malattia, in uno stadio più avanzato di quanto non accada in altre regioni. La principale conseguenza è che i cittadini napoletani (ma anche di altre province) scontano una maggiore mortalità per cancro rispetto ai residenti in altre regioni del nord. Il dato emerge da un’analisi condotta da Mario Fusco - responsabile dei registri tumori della Regione Campania - illustrata nel corso degli Stati generali sulla prevenzione che si sono conclusi di recente a Napoli. 

Da uno studio comparativo tra i cittadini residenti in provincia di Napoli (la Asl Napoli 3 Sud ha i dati epidemiologici più aggiornati d’Italia) e quelli degli abitanti in Friuli Venezia Giulia, relativi al periodo 2017/ 2019, emerge che circa il 10 per cento in meno di napoletani scova il suo tumore al primo stadio, quando sono massime le percentuali di guarigione che arrivano a superare il 90 per cento. In particolare la percentuale di diagnosi precoce è del 44,4% a Napoli contro il 53,9 in Friuli dove evidentemente molte più persone effettuano screening e controlli. Un gap che si inverte negli stadi successivi di malattia spalmando questo svantaggio con il 5,6% in più per quelli individuati al secondo stadio, l’1,79 per cento in più al terzo stadio e il 2,1 per cento in più al quarto stadio quando sono già presenti metastasi ed è difficile guarire. 

«Ora sono in corso di pubblicazione e certificazione anche i dati del biennio successivo - ha detto Fusco - ma è chiaro che con questi dati di partenza ogni percorso di cura diventa meno efficace anche con le migliori cure». Uno svantaggio che si correla con i più bassi tassi medi di sopravvivenza in Campania a cinque anni dalla diagnosi soprattutto per il tumore al seno e del colon retto con qualche passo in avanti rispetto a un sud tutto posizionato sotto la media. Non è un caso che nel 2020, in piena pandemia, mentre le cure per i malati oncologici già diagnosticati sono andate avanti, le nuove diagnosi siano calate drasticamente. «La Rete oncologica - ha poi sottolineato Fusco - con la presa in carico dei pazienti già al secondo livello, può rappresentare una grande occasione per un significativo incremento degli screening purché vi sia una radicale rivisitazione dell’intera organizzazione e programmazione in un’ottica di sistema Regione». Il suggerimento è integrare nella Rete oncologica gli screening che le Asl con difficoltà portano avanti in maniera disomogenea con la strutturazione e potenziamento territoriale di centri dedicati alle endoscopie digestive, alle biopsie mammarie e colposcopie in cui effettuare senza attese le indagini dopo un sospetto diagnostico. 

Intanto proprio sul fronte delle liste di attesa l’analisi della fondazione Gimbe nel 2022 segnala che, su scala nazionale solo il 65% delle prestazioni saltate per la pandemia sono state recuperate. Nel dettaglio oltre 112 milioni le prestazioni ambulatoriali “saltate”, tra visite specialistiche, esami di laboratorio e strumentali nonostante risorse ad hoc per il recupero delle prestazioni. Su questo fronte la Campania nel 2022 è terzultima per i recuperi dei ricoveri programmati (peggio solo Bolzano e Liguria), stesso piazzamento per gli inviti agli screening oncologici (il Friuli qui è ultimo) con percentuali di solo il 16% per il recupero delle visite di screening dove solo Lazio e Calabria riescono a fare peggio con il 9%.

Tutto ciò nonostante gli accessi diretti e senza prenotazione e senza ticket a Napoli e in altri 32 Comuni a maggiore incidenza. 

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Allo studio ci sono correttivi come attribuire voucher per la spesa alimentare da spendere in negozi convenzionati (indicando i dettami della dieta mediterranea) per tutti coloro che si sottopongono a un controllo e anche un aiuto economico, sempre in voucher, per le famiglie a più basso reddito Isee, che servirebbe a superare lo scoglio dei tetti di spesa nei centri diagnostici e specialistici convenzionati dove il budget è imposto dai tavoli di monitoraggio nazionale sulla spesa. I fondi aggiuntivi, in questo, caso sarebbero attinti a quelli per i capitoli del sociosanitario del Piano nazionale equità. 

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