“La Cupa” al Teatro Bellini: l’allarme attuale e futuro di Mimmo Borrelli

“La Cupa” di Mimmo Borrelli
“La Cupa” di Mimmo Borrelli
di Salvio Parisi
Domenica 23 Ottobre 2022, 11:06 - Ultimo agg. 12:16
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Termina la prima rappresentazione al Bellini de “La Cupa” di Mimmo Borrelli, che riprenderà ai primi di novembre.

Per il riedit 2022 l’autore ripercorre col suo graffio anarchico quelle mutazioni primigenie e perverse ipocrisie dell’uomo, raccontate col linguaggio esplicito e straziato che aveva già inscenato nel 2018 al San Ferdinando.

Tutto in una notte, quella di Sant’Antonio e il “fucarazzo”: leggenda vuole che gli animali possono parlare agli umani, ma con un prezzo da pagare, chi li ascolta riceve in dote sventura e dannazione. 

Si snocciola in tre ore e mezzo il dramma psicotico dei protagonisti e un treno convulso di eventi e «cose enormemente attuali: pedofilia, incesto, violenza sulle donne e minori, uxoricidio, parricidio, figlicidio paterno.

Argomenti del tutto esposti alla realtà del presente, ma dei quali non sentiamo e percepiamo più l'orrore, poiché siamo avvinti da quell'assuefazione, dovuta al lucro dei mezzi televisivi e telematici, circa la diffusione di tali notizie», come l’autore sottolinea.

Corrosivo e viscerale, poetico e visionario, impastato con irruenze dialettali e musiche sussurrate, luci ancestrali e scenografie tra neorealistico e postapocalittico.

Come matriosche si dipanano uno nell’altro elementi di riflessione e collera: il tappeto di musiche “solo” dal vivo di Antonio Della Ragione, i costumi ultra moderni di Enzo Pirozzi, tra Martin Margiela e Ann Demeulemeester, i light design futuristici, opera de Cesare Accetta, e certi ritmi visivi o narrativi spesso anche violenti, messi in scena da Luigi Ferrigno

 

Da Mad Max a La Gatta Cenerentola, da Apocalipse Now e Sigur Ròs a Matrix e Sin City, da Filomena Marturano a Gomorra: una Torregaveta e un “altrove” immaginario (ma non troppo), fiabesco ma iperreale, razionale e “animale”, oscuro e tinto di rosso sangue.

Una “fabbula” horror in cui un turpiloquio ossessivo diventa contraltare della bellezza di scene, costumi e corpi nella ricerca strenua di un combattimento tra l'eleganza del male e i liquami del suo degrado: per mettere in crisi la violenza di queste vicende e allarmarne il pericolo immediato e futuro.

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