L'ammiraglio Basile: «Ma Luigi non doveva essere lì: c’è divieto di balneazione»

di ​Antonino Pane
Lunedì 20 Luglio 2015, 23:29 - Ultimo agg. 23:38
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«L’unica regola che ti salva la vita in mare è il buon senso». Antonio Basile, ammiraglio, direttore marittimo della Campania e commissario straordinario dell'Autorità Portuale di Napoli, nonostante gli impegni per i festeggiamenti dei 150 anni dalla nascita del Corpo delle Capitanerie di Porto, accetta di rispondere alle domande sulle morte di Luigi, il ragazzino scivolato sugli scogli antistanti Castel dell'Ovo.



Allora ammiraglio, la tragedia si poteva evitare?

«Guardi che Luigi è scivolato e ha battuto la testa. Si poteva evitare? Certo, bastava che Luigi non andasse in un posto dove c'è il divieto di balneazione e che, soprattutto, evitasse gli scogli scivolosi».



Divieto di balneazione? Ma se in quella zona fanno il bagno ogni giorno decine e decine di persone.

«Il divieto c'è, in quella zona ci sono degli scarichi. A fine giugno è stata effettuata un'altra verifica: il divieto di balneazione è in vigore. Tra l'altro il Comune ha fatto regolarmente posizionare il cartello con il divieto».



I ragazzini però continuano a tuffarsi indisturbati sotto gli occhi dei turisti e spesso anche dei genitori.

«Questo non va bene. I miei uomini in quella zona sono intervenuti diverse volte. È vero spesso si tratta di ragazzini del posto e i genitori sanno benissimo dove sono e che cosa fanno. Noi facciamo il possibile ma certo non possiamo stare dalla mattina alla sera a controllare il castello quando abbiamo chilometri e chilometri di costa da sorvegliare. I segnali di divieto vanno rispettati e chiunque può intervenire se nota violazioni».



Non è competenza solo della Guardia Costiera, dunque.

«Assolutamente no, ogni forza che in quel momento presidia il territorio può intervenire. Il controllo dal mare è solo un aspetto del problema. Ma è chiaro che se parliamo di violazioni si può, anzi si deve intervenire anche da terra»



D'accordo, la gente fa il bagno dove non deve. E i tuffi? I ragazzini rischiano continuamente.

«Spesso sono bravate. I ragazzini se vedono un vigile o un carabiniere o un uomo della guardia costiera scompaiono in pochi secondi. D'altro canto come si può pensare di avere presidi fissi? Lungo la costa campana dovremmo posizionare milioni di cartelli e migliaia di uomini in zone dove è pericoloso tuffarsi. Ci sono pericoli ovunque, così come lungo i due terzi della costa italiana. Non è un caso, poi, che si parla di cartelli di pericolo, non di divieto. Vietare i tuffi ovunque è praticamente impossibile».



Ma il Castello è nel cuore della città.

«Nel cuore della città ci sono anche le scogliere con blocchi calcarei semiaffioranti. Ci sono i pontili, c'è tutta la zona all'esterno del porto. Ogni metro un pericolo. Insomma è assolutamente impossibile mettere un angelo custode ad ogni bagnante».



Un angelo custode no, ma forse qualche segnale di pericolo in più?

«Le ripeto ogni scoglio, ogni pietra è un pericolo. I cartelli si possono mettere sulle piscine o nelle zone dove si creano assembramenti. E poi guardi: si può morire in alto mare facendo un tuffo da una barca di mezzo metro. Al momento della spinta basta scivolare con un piede e urtare con la testa uno scalmo. C'è gente, invece, che si tuffa da dieci metri, varie volte al giorno, e non succede nulla».



E allora?

«In mare esiste una sola regola certa, il buon senso. Ma non solo per i tuffi. Il mare non va mai sfidato, bisogna sempre stare in sicurezza. Noi su questi temi battiamo a non finire: i miei uomini ogni anno incontrano centinaia e centinaia di alunni e studenti e diciamo sempre le stesse cose: il mare va goduto, non sfidato».