Autonomia differenziata, dalle ferrovie ai terremoti: 500 poteri per i governatori

Autonomia differenziata, primo elenco delle funzioni statali che possono essere cedute alle Regioni

Il dossier sulle funzioni "regionalizzabili"
Il dossier sulle funzioni "regionalizzabili"
di Marco Esposito
Giovedì 2 Marzo 2023, 00:00 - Ultimo agg. 16:40
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«Dammi il menù in mano, voglio capire cosa si mangia», disse Luca Zaia lo scorso novembre. È stato accontentato. Adesso il menù c’è, con oltre 500 portate, vale a dire con tutte le funzioni statali che il presidente del Veneto e le altre Regioni potranno portar via da Roma in nome dell’autonomia differenziata. Il menù lo ha scritto il ministro Roberto Calderoli ed è, come prevedibile, estesissimo. Un elenco privo di qualsiasi valutazione preliminare né di criteri per chiedersi cosa sia sensato decentrare. Si va dalla programmazione della rete nazionale di autostradale e ferrovie al piano nazionale delle frequenze, dai criteri di individuazione delle zone sismiche al diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle Regioni responsabili di violazione delle normative Ue, dal monitoraggio dei Livelli essenziali delle prestazioni sanitarie alla verifica dell’efficacia del sistema scolastico. Tutto in pratica è frammentabile, persino l’esercizio del potere sostitutivo per inerzia delle Regioni sulle norme europee come se fosse anche solo immaginabile che la Toscana o le Marche si sostituiscano all’Umbria se quest’ultima non si muove nell’attuare una norma europea. 

Il dossier di Calderoli è una «prima ricognizione» delle funzioni amministrative statali che possono essere cedute alle Regioni che ne faranno richiesta. La ricognizione, secondo il ministro degli Affari regionali e le autonomie, serve anche come supporto per determinare i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Il dossier, lungo 81 pagine, è articolato in 23 schede che richiamano le materie previste dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Le funzioni riportate superano quota 500.

Il ministero degli Affari europei potrebbe perdere l’«esercizio del potere sostitutivo al fine di porre rimedio all’eventuale inerzia di Regioni e Province autonome nel dare attuazione a norme europee» così come dovrebbe rinunciare al «diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle Regioni responsabili di violazioni del diritto dell’Unione europea». Il ministero del Lavoro perderebbe il potere di vigilare in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, così come di vigilare sull’Ispettorato nazionale del lavoro in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il ministero dell’Istruzione non avrebbe più «le funzioni di valutazione del sistema scolastico» né potrebbe indire i concorsi.

Sarebbe frammentato anche il «fondo unico per l’edilizia scolastica».

Spezzatino anche per le professioni, oggi in larga parte vigilate dal ministero della Giustizia e per le professioni sanitarie da quello della Salute. Con il regionalismo differenziato ogni singola Regione potrebbe vigilare in base a propri criteri su avvocati, notai, commercialisti, giornalisti e ancora su radiologi, chimici, biologi così via. Il ministero dell’Università dovrebbe rinunciare persino a coordinare la partecipazione italiana a programmi internazionali di ricerca. La sanità è già in larga parte assegnata alle Regioni e così il ministero dovrebbe addirittura delegare il compito di vigilare sul rispetto dei Lea. In pratica le Regioni dovrebbero darsi un voto da sole. Così come ogni Regione potrebbe determinare da sola gli «indicatori della qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie».

Il ministro dello Sport non potrebbe più vigilare sul Coni e neppure curare i rapporti con gli enti che hanno competenza in materia di sporta a livello europeo e internazionale per cui delle Olimpiadi controverse potrebbero essere boicottate dal Veneto e trovare l’adesione della Puglia. Preoccupa anche la frammentazione in tema di protezione civile e governo del territorio, con il moltiplicarsi dei poteri di ordinanza, ora accentrati nel Capo del dipartimento Protezione civile, e con la regionalizzazione dei criteri per l’individuazione delle zone sismiche per cui a parità di rischio un’area può essere considerata edificabile oppure no a seconda di dove corre il confine regionale. 

Anche il ministero guidato da Matteo Salvini potrebbe subire l’assalto delle Regioni: tra le competenze delle Infrastrutture a rischio spezzatino la definizione e controllo dei parametri di qualità dei servizi aeroportuali e del trasporto aereo; la «pianificazione, programmazione e gestione della rete nazionale stradale e autostradale» come se fosse anche solo immaginabile una programmazione regionale di una rete nazionale, così come ovviamente la «pianificazione e programmazione delle infrastrutture ferroviarie» nonché il rilascio delle licenze alle imprese ferroviarie (si immagini Italo o Trenitalia che devono aspettare la licenza da ciascuna regione attraversata) e la vigilanza sulla gestione del patrimonio ferroviario.

Stessa sorte, cambiando ministero, subirebbe il Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, che potrebbe diventare regionale. Così come, in materia di energia, lo spezzatino non risparmierebbe neppure la «sicurezza di approvvigionamento dei sistemi energetici nazionali» così come i piani decennali di sviluppo delle reti e la «protezione delle infrastrutture di approvvigionamento dall’estero». Ciascuna Regione con poteri autonomi avrebbe le proprie scorte di combustibile e un suo piano di emergenza in caso di crisi. Quanto all’ambiente, si decentra la bonifica dei Sin, i siti di interesse nazionale. Infine, non manca l’assalto al Tesoro, il Mef, con la possibilità di regionalizzare persino «il monitoraggio dei vincoli di finanza pubblica e di tesoreria delle pubbliche amministrazioni». Perché nessuno, nel mondo di Calderoli, è il migliore controllore di se stesso. 
 

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