Napoli, intesa Fitto-industriali: «Strategia comune per la Zes del Mezzogiorno»

Tra gli obiettivi del ministro, certezza su sgravi fiscali e incentivi fino al 2029

Il ministro Raffaele Fitto all'Unione industriali
Il ministro Raffaele Fitto all'Unione industriali
di Nando Santonastaso
Martedì 21 Novembre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 22 Novembre, 18:40
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Il dialogo tra imprese e governo in nome e per conto del Sud è possibile. E ha tutta l’aria di diventare da subito assai concreto e realistico. Lo dimostra il felice esito dell’incontro ieri a Napoli del ministro degli Affari europei, del Pnrr, del Sud e delle Politiche di Coesione, Raffaele Fitto, con i numerosi imprenditori che hanno risposto alla sollecitazione della Fondazione Mezzogiorno di Antonio D’Amato e dell’Unione industriali guidata da Costanzo Jannotti Pecci. Alla platea che affolla la sala convegni di Palazzo Partanna, Fitto assicura ad esempio che il peso delle organizzazioni di categoria più rappresentative, come gli Industriali, «sarà centrale nella definizione del Piano strategico che dovrà orientare e definire gli obiettivi della Zes unica», la novità più significativa del Decreto Sud appena convertito in legge.

E sollecitato da Jannotti Pecci, pur senza sbilanciarsi conferma l’impegno per sostenere e rilanciare i Contratti di sviluppo, «uno degli strumenti che funzionano meglio», dice testualmente, facendo intendere che la richiesta di non lasciare senza risposte chi li ha firmati anche nel recente passato verrà sostanzialmente accolta. Ma non meno trascurabile alle orecchie delle imprese è la ribadita volontà del ministro di rendere strutturale la Decontribuzione Sud, il taglio a scalare del costo del lavoro per chi opera nel Mezzogiorno che è da mesi la misura più gettonata: «Stiamo trattando con la Commissione europea nell’ambito del confronto sulla fine della sospensione del regime degli aiuti di Stato: è probabile per ora che si andrà avanti con autorizzazioni per altri 6 mesi ma il governo Meloni sta già puntando a un nuovo strumento che dia certezze alle imprese e duri almeno fino al 2029», spiega il ministro.

Sono segnali tutt’altro che marginali anche perché arrivano dalla sede della più importante associazione territoriale di Confindustria del Mezzogiorno, un ruolo (con le relative responsabilità) che Napoli vuole rafforzare e sostenere in ogni contesto.

Da questo punto di vista la sintonia con la disponibilità del governo ad ascoltare e condividere proposte e idee per far crescere il Sud, e di conseguenza anche l‘Italia, appare evidente. Lo sottolinea D’Amato con il consueto pragmatismo: «Le parole del ministro Fitto dimostrano che c’è un cambiamento di rotta sostanziale delle politiche del governo per il Mezzogiorno. E noi vogliano che il Sud sia leader europeo nell’attrazione degli investimenti: oggi riteniamo che questo sia possibile», dice il Cavaliere del Lavoro ed ex presidente di Confindustria. Il nemico numero uno resta la disoccupazione, un divario inaccettabile e nemmeno scalfito dalle ultime positive dinamiche nazionali. Per cambiare rotta (D’Amato giudica necessario che il Sud salga dal 42% attuale almeno al 60%) c’è più che mai bisogno del «forte impulso agli investimenti produttivi privati e non solo a quelli infrastrutturali che per loro natura non generano occupazione» come si legge nell’elegante edizione dei Quaderni della Fondazione Mezzogiorno pubblicata per l‘occasione. In essa compare anche la proposta di un’Agenzia per la gestione di tutti i fondi della Coesione, un ente in grado di operare di concerto con gli attori privati anche in chiave di «perequazione territoriale». 

Fitto, intervistato dal direttore del Mattino Francesco de Core e dal condirettore del Quotidiano nazionale Raffaele Marmo, prende nota e accetta di buon grado anche le domande della platea che spaziano dal Pnrr alla manovra, alla Zes unica. «Sul Decreto Sud – dice - siamo al lavoro per predisporre gli strumenti di attuazione ed entro l’1 gennaio tutto sarà in grado di procedere regolarmente. All’interno della legge c’è già un meccanismo che garantisce il passaggio tra le diverse strutture delle otto Zes a quella della Zes unica (la competenza dei commissari dovrebbe allargarsi all’intero territorio regionale, in attesa della nomina della Struttura di missione centralizzata, ndr). Penso che sia una grande opportunità per il Mezzogiorno». Esplicita anche la difesa della strategia con la quale si è di fatto revisionato l’intero impianto del Pnrr: «Nessun definanzamento, i progetti che non potevano essere completati entro il 2026 sono stati spostati su altre misure. Sostenere il contrario è falso», sostiene Fitto che si dice ottimista sulla possibilità di incassare anche la quarta rata entro fine anno e il via libera dell’Ue alla modifica della quinta. «È comunque un errore vedere il Pnrr separato dalla manovra – aggiunge – non fosse altro perché gran parte delle risorse dovremo restituirle avendole prese a prestito. E a nessuno piace restare con il cerino in mano nel 2026, sicuramente non al nostro governo».

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Di sicuro, conferma Fitto, l’allarme sui tagli o i ritardi del Pnrr è infondato: «C’è un decreto di finanziamento del Pnrr di tutte le opere che non è mai stato toccato. Le opere, insomma, vanno avanti. Il resto sono polemiche di cui non si sente il bisogno». E a proposito di polemiche, il ministro non cambia idea anche sull’opportunità della “stretta” sulle risorse del Fondo Sviluppo Coesione introdotta con il Decreto Sud (che in realtà ormai può essere ribattezzato Legge Fitto, come suggerisce la Fondazione Mezzogiorno), e contestata da alcune Regioni, Campania in testa: «Voglio solo ricordare che il decreto ha ottenuto il via libera dalla Conferenza unificata, da tutti i Comuni e Province e da quasi tutte le Regioni, oltre che dall’Ue. Oggi toccherà al Lazio firmare l’Accordo di coesione con il governo dopo Liguria e Marche ma sono pronte ormai anche le altre Regioni». Spendere bene e con tempi certi l’obiettivo dichiarato che piace anche agli industriali napoletani: «Le politiche decentrate non hanno funzionato, il recupero della centralità nella gestione delle risorse per il Sud era necessario», chiosa D’Amato. 
 

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