Assalto Isis, carneficina a Parigi cento morti nel teatro Bataclan

Assalto Isis, carneficina a Parigi cento morti nel teatro Bataclan
Sabato 21 Novembre 2015, 12:23
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Francesca Pierantozzi
PARIGI. Parigi è sotto attacco. L'inferno è cominciato alle dieci, ieri sera, con una raffica davanti al Petit Cambodge, un ristorante asiatico, piccolo, ma molto famoso, a nord della place de la Republique. Sparano da un'auto dicono. In pochi minuti è di nuovo l'incubo terrorismo, di nuovo Charlie. Il quartiere, un angolo del decimo arrondissement molto movimentato di sabato sera, tanta gente seduta ai tavoli di fuori, ristoranti, pizzerie, diventa una trincea. Dai balconi, arrivano le prime foto, cinque morti, dieci, dodici. La polizia blinda tutta la zona, evacua dove si può, i clienti dei ristoranti sulla rue Bichat restano barricati dentro, ordine di non muoversi.
Ma è solo l'inizio, passano pochi minuti e di nuovo spari, raffiche di Kalashnikov dicono i testimoni, poco lontano dal Petit Cambodge, meno di un chilometro, sul boulevard Voltaire, al Bataclan, un bar e locale di concerti. Pieno zeppo di venerdì. I primi testimoni, tra cui un giornalista del quotidiano Libération (la redazione è a due passi) parlano di quattro o cinque uomini armati. Altri morti. Ma questa volta ci sarebbe anche una presa di ostaggi. Cento persone sequestrate da almeno due terroristi. E alla fine sarà proprio qui al Bataclan che al follia terroristica mieterà il maggior numero di vittime: si parla complessivamente di un centinaio di morti, un massacro senza parole.
La guerra si sposta più a nord allo Stade de France. Tre esplosioni mentre si gioca ancora Francia-Germania, circa sessantamila gli spettatori, in tribuna d'onore c'è François Hollande. Il match è in corso mentre il presidente viene discretamente «esfiltrato». Fuori sono esplose alme tre bombe, una, un ordigno di chiodi e esplosivo, distrugge una brasserie. Altri morti. Nello stadio gli spettatori sono bloccati dentro, nessuno può uscire, la gente invade il campo, c'è silenzio, paura, ci si abbraccia da fuori arriva il primo bilancio, quello di una guerra: quaranta morti, decine di feriti gravi. La polizia invita la gente a non uscire.
Un'ora dopo l'inizio dell'inferno, arrivano le prime rivendicazioni dell'Isis su twitter, militanti annunciano che «Parigi è in fiamme». I jihadisti che seminano il terrore nella capitale francese non hanno il volto coperto, dicono tanti testimoni. Almeno due sparano da un'auto. Raffiche davanti al MacDo sul faubourg du Temple, sempre vicino alla République. Crivellano di colpi una Clio. Sul marciapiede restano almeno due corpi.
François Hollande convoca una riunione d'emergenza al ministero dell'interno con il ministro Cazeneuve e il premier Manuel Valls. Decidono di avviare il piano Alpha Rouge, quello che entra in vigore in caso di attacchi terroristi simultanei.
Prima della mezzanotte, Parigi è una città in guerra. Per le strade solo auto della polizia, sirene. In tv, compare la mappa di quello che sembra un attacco senza fine, con uomini armati avvistati lungo il boulevard Beaumarchais, verso la place de la Nation. Gli attacchi sono sei prima Intanto arrivano le prime testimonianze, i racconti della guerra. «Abbiamo pensato che fossero fuochi d'artificio» dice il cameriere del Toro Borracho, un ristorante della rue de Charonne accanto al Carillon, devastato da una delle raffiche: «Poi abbiamo visto il sangue, la polizia ci ha chiusi dentro».
Un altro testimone ha visto tutto dell'attacco a Faidherbe, sopra il faubourg Saint –Antoine: «Ho visto un'auto parcheggiata in mezzo alla strada, sono usciti due uomini, avevano fucili. Ho sentito gli spari, tanti, tantissimi. E' durato almeno tre minuti. Poi sono risaliti in macchina, hanno proseguito verso la rue de Charonne». Hollande parla alla tv, annuncia la chiusura delle frontiere e lo stato di emergenza, mobilitando a quanto pare anche l'esercito.
Continua l'annus horribilis della Francia nel mirino del terrorismo islamico: si è aperto con la strage di Charlie Hebdo ed è continuato con attentati sventati, chiese cattoliche nel mirino e l'episodio del Tgv. Ora le sparatorie coordinate nella capitale nonostante un dispositivo di massima allerta sempre dispiegato su tutto il territorio. Come emerso nei mesi scorsi, ad operare sono cellule legate alla jihad ma anche «lupi solitari», in una nebulosa che sembra di volta in volta sfuggire ai servizi segreti. In gennaio c'erano stati i 12 morti nella redazione del mensile satirico Charlie Hebdo e la presa di ostaggi nel supermercato kosher, entrambe concluse con l'uccisione degli attentatori (i fratelli Cherif e Said Kouachi e il loro fiancheggiatore Amedy Coulibaly che ha ucciso 4 persone prima di essere ucciso). Il primo ministro Manuel Valls aveva parlato però di altri «cinque attentati» sventati annunciando l'arresto di Sid Ahmed Ghlam, studente parigino sospettato di un imminente attentato contro una chiesa della banlieue parigina, in nome dell'islam più radicale. In febbraio, un altro allarme: tre militari di servizio davanti a un sito della comunità ebraica di Nizza vengono aggrediti con un coltello dal francese di origine africana Moussa Coulibaly. Poi l'attentato sventato con l'arresto dello studente di informatica Sid Ahmed Ghlam, trovato in possesso di un arsenale di guerra e pronto ad attaccare chiese di Villejuif, banlieue di Parigi. Anche se poi si appurò che il movente era personale, in giugno la decapitazione di un imprenditore nella banlieue di Lione ha fatto salire ulteriormente la tensione nel Paese dato che a compiere l'azione era stato un uomo di origini arabe con messinscena tipica della jihad. Lanciando l'allarme per tutti treni d'Europa, in agosto un marocchino aprì il fuoco su un Tgv: l'attentatore fu placcato da tre americani che col loro coraggio evitarono quella che poteva essere una strage.
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