«Ti ammazzo». Follia tra vicini, mogli si sfidano con i fucili dei mariti

«Ti ammazzo». Follia tra vicini, mogli si sfidano con i fucili dei mariti
Martedì 16 Agosto 2016, 13:31 - Ultimo agg. 14:06
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PERUGIA Una contro l’altra, sul pianerottolo condominiale. L’odio di una convivenza diventata sempre più difficile da sopportare che esplode in follia. Quella di andare ognuna dentro la propria abitazione ed uscire ognuna con il fucile del marito. Per far capire alla rivale che non si scherza. Che quelle minacce di morte sono vere, basta “armare” quel fucile da caccia.

Una brutta storia. Una follia cui soltanto la polizia è riuscita a mettere un freno con un intervento di massima urgenza per bloccare le due contendenti e che poi arriverà fino al Tar dell’Umbria. Perché quei fucili non dovevano essere presi così facilmente, portati fuori da casa e spianati sotto il naso della rivale. Insomma «le armi non erano custodite diligentemente come previsto dalle norme in vigore» e dunque sono state immediatamente ritirate assieme alle licenze da caccia. «Particolare livello di conflittualità interfamiliare, sfociato in minacce reciproche» e soprattutto «con armi malcustodite». Con queste motivazioni le armi vengono ritirate assieme alle licenze, ma uno dei due mariti non ci sta e fa ricorso per riavere armi e permesso ad usarle.

Ma il Tar dell’Umbria boccerà quel ricorso, condannando l’uomo anche a pagare 1500 euro di spese di lite. Il discorso che fanno i giudici è molto semplice. Nel ricorso viene detto come un conto è il titolare della licenza e del fucile e un conto è la persona che prende quel fucile per minacciare la vicina di casa, ma secondo i giudici la motivazione principale non regge dal momento che «nel giudizio di affidabilità dei soggetti titolari di licenza di porto di armi, le situazioni di convivenza non sono neutre ai fini delle valutazioni dell’amministrazione, posto che i provvedimenti inibitori in materia di armi possono essere applicati anche nei casi in cui, pur non potendosi imputare direttamente nulla al titolare delle armi, vi sia una situazione di fatto che rende in ogni caso le armi stesse liberamente accessibili ad un terzo (convivente o meno)». Senza dimenticare il «mancato assolvimento di quegli oneri di diligente custodia che l’ordinamento impone a chi detenga armi o esplosivi». Ricorso rigettato, insomma. Come quello di un altro cacciatore perugino cui, dopo l’ennesimo intervento delle forze dell’ordine per liti e violenze causate dal figlio con gravi problemi di consumo di alcol, vengono ritirati cinque fucili da caccia perché tenuti in condizioni non idonee per la sicurezza. Anche in questo caso i giudici del Tar hanno risposto negativamente al ricorso presentato dall’uomo.
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