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MARE FUORI

Latina, derubata da una ragazza si chiude in casa per la paura: la scippatrice si scusa con una lettera e lei torna a vivere

Il pentimento della giovane ha fatto riguadagnare fiducia. Scenari resi popolari dalla serie "Mare fuori"

La lettera della scippatrice: «Signora, le chiedo perdono»
La lettera della scippatrice: «Signora, le chiedo perdono»
di Marco Cusumano
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 1 Aprile 2023, 22:18 - Ultimo agg. : 3 Aprile, 08:55
5 Minuti di Lettura

Lui appena maggiorenne, lei ancora minorenne, insieme vagano in motorino in un noioso pomeriggio estivo. Siamo in un piccolo paese in provincia di Latina, quando Manuele (il nome è di fantasia) si trova davanti un’anziana che ha appena ritirato la pensione all’ufficio postale. Il movimento è fulmineo, Manuele strappa la borsa all’anziana e la nasconde dietro alla schiena, stretta tra lui e la fidanzata, Sara.

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Lei è incredula: «Ma cosa fai? E adesso che facciamo?». Lui fugge, ma poco dopo i carabinieri riescono a bloccarli mentre stanno ancora discutendo. I guai dei due ragazzi seguono sviluppi giudiziari diversi. Lui è maggiorenne, viene arrestato e sceglie di essere processato con rito abbreviato. Sara (il nome è di fantasia), essendo minorenne, viene riaffidata ai genitori dopo qualche ora passata in caserma. A quel punto la ragazza viene segnalata al neonato “Centro di giustizia riparativa e mediazione penale minorile” di Latina dove viene attivato un percorso di “messa alla prova”. Un iter che, seppur romanzato, è stato recentemente reso popolare dalla fiction “Mare Fuori”.


MESSA ALLA PROVA
Sara, durante le attività in una casa famiglia, prende sempre maggiore consapevolezza dell’errore commesso. La vittima dello scippo è una maestra in pensione che vive sola, è vedova e i due figli vivono a Roma e Milano. Dopo lo scippo ha subito alcune lievi ferite cadendo a terra, ma le conseguenze peggiori sono quelle che non hanno lasciato tracce sul corpo.

L’anziana, con il passare dei giorni, ha consolidato uno stato di forte stress, con paure sempre crescenti che l’hanno portata a un totale isolamento, di fatto ha iniziato a non uscire più di casa per paura. Durante il percorso di “messa alla prova”, Sara viene a conoscenza delle condizioni dell’anziana, soprattutto del fatto che dopo quel terribile episodio vive nella paura, sola in casa, senza avere la forza e il coraggio di uscire. Così chiede agli operatori di poterla incontrare, vuole parlarle e forse scusarsi. L’anziana però rifiuta, non è convinta e soprattutto non vuole uscire di casa, l’unico luogo dove si sente al sicuro. È in quel momento che Sara decide di scrivere una lettera alla signora.


NERO SU BIANCO
Una lunga missiva in cui la ragazza si libera di ogni forma di inibizione, mettendo nero su bianco quelle riflessioni che, giorno dopo giorno, hanno caratterizzato il suo percorso di “messa in prova”: «Le scrivo questa lettera perché sento il bisogno di condividere con lei la mia crescita in questi anni, ma soprattutto perché sento il bisogno di chiederle scusa. L’adolescenza è un periodo particolare, credo che anche lei lo sappia. Non ci si sente né troppo piccoli e né troppo grandi e sembra che tutto ci sia concesso e ci sia dovuto. Ed è tutto particolare, soprattutto quando ci si ritrova in una situazione disagiante che spesso porta a fare azioni che ti segnano per sempre, e che non si cancelleranno, che segneranno te e gli altri».

La ragazza prende coscienza anche della grande occasione di recupero. «In questi anni - scrive - io ho dimostrato a me stessa di esser migliore della persona che sembrava stessi diventando e forse questo lo devo anche a un briciolo di fortuna che ho avuto, alla clemenza sua e a quella del giudice e degli assistenti sociali. Conducevo una vita sregolata e allo sbando, priva di regole e di attenzioni sulle cose realmente importanti, ma ora non è più così. Avrei voluto dirle tutto questo a parole, ma suppongo sia difficile, allora ho deciso di scrivere questa lettera per dirle che mi dispiace di averla fatta star male, mi dispiace di averle mostrato un lato di me che probabilmente non è mai stato mio. So che le sembra impossibile, ma io le voglio bene».

Parole che hanno colpito l’anziana, come racconta l’avvocato Pasquale Lattari che ha seguito il delicato caso: «Le scuse della ragazza e le sue riflessioni hanno avuto un effetto di pacificazione straordinario sull’anziana che ha ripreso sicurezza iniziando di nuovo a uscire di casa, riprendendo la vita sociale che aveva del tutto abbandonato».

GIUSTIZIA RIPARATIVA
Il caso rappresenta un esempio concreto di applicazione, in questo caso con esito positivo, del percorso di “giustizia riparativa” introdotto dalla riforma Cartabia. «Un caso - commenta l’avvocato Lattari - che fa comprendere molto bene la differenza per la vittima, ma anche per il reo, tra la giustizia processuale e quella riparativa. Quest’ultima tratta conseguenze e pregiudizi legati al reato che la giustizia processuale ignora e spesso non “comprende” perché al di fuoi della propria competenza. Tuttavia la giustizia riparativa ha dei limiti: è consensuale non è imponibile, non si può applicare a tutti i reati. Molto dipende dal reato concreto, dalle persone coinvolte e anche dal tempo trascorso dall’evento. Contrariamente a quel che si pensa, inoltre, è valida soprattutto per i reati gravi, dove si evidenzia l’inadeguatezza del processo a trattare i pregiudizi profondi della vittima».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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