Si amputò un dito a scuola: bimbo risarcito dopo nove anni

Si amputò un dito a scuola: bimbo risarcito dopo nove anni
di Erasmo MARINAZZO
Mercoledì 17 Settembre 2014, 09:08 - Ultimo agg. 09:09
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La mano del bimbo rimase schiacciata nella porta della scuola materna. Ed il piccolo perse l’ultima falange del mignolo destro. La recuperò il padre e la consegnò ai medici dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. Perché, intanto, il bimbo era stato riaccompagnato a casa e quel pezzo del suo ditino era rimasto attaccato alla porta.



A distanza di nove anni da questo incidente avvenuto in un istituto di Cellino San Marco ad un alunno di tre anni proveniente da Guagnano, è arrivata la sentenza del Tribunale civile di Brindisi che ha condannato la scuola e l’insegnante a risarcire il padre del bambino con poco meno di cinquemila euro. Il provvedimento è stato depositato nei giorni scorsi dal giudice onorario Simone Coppola e spiega perché abbia accolto quasi per intero le ragioni esposte nella causa promossa dal genitore del bimbo con l’avvocato Cosimo Giuseppe Giannoccaro, incentrate per lo più sull’omessa vigilanza sull’icolumità del bambino.



Il processo ha dimostrato le responsabilità dell’insegnante e della scuola, ha scritto il giudice nella sentenza: «Non hanno dimostrato di aver adottato tali misure (disciplinari ed organizzative, ndr) con conseguente attribuzione di responsabilità in capo alle stesse parti. L’istruttoria espletata consente di arrivare alla conclusione che i fatti che hanno cagionato l’evento traumatico dell’amputazione della falange debbano essere addebitati all’insegnante, la quale, nonostante fosse in loco, alla presenza di bambini in età prescolare, non abbia posto in essere tutte le attenzioni che tali allievi richiedessero».

Quel trauma che, fortunatamente, non ha avuto conseguenze permanenti sia a livello motorio che estetico, il bimbo lo subì a pochi giorni dall’ingresso nel mondo della scuola matera.



Era il 29 settembre del 2005: teneva le dita poggiate sui bordi della porta quando altri bambini la chiusero con forza. Che è poi la ricostruzione dell’incidente fatta dalla stessa insegnante quando fu sentita dai carabinieri. Furono momenti concitati, il piccolo fu riaccompagnato a casa invece di attendere l’arrivo di un’ambulanza del 118. Il padre lo condusse di corsa nell’ospedale di Campi Salentina prima di recarsi di persona a scuola per recuperare la falange e portarsi al “Fazzi” dove intanto era stato trasferito il figlioletto.

Era successo tutto in un attimo, cosa avrebbe potuto fare l’insegnante per evitare che quel bimbo si facesse male? La risposta fornita al giudice non ha fatto altro che aggravare le sue responsabilità: disse che per impedire la chiusura delle porte venivano usate le ceste dei giochi. «Procedura, questa, non prevista, dalle precopue normative antinfortunistiche vigenti e comunque contrarie alle disposizioni emesse dall’Inail nell’ambito del pronto soccorso nelle scuole materne» - ha scritto il giudice onorario Coppola.



Da qui la condanna della maestra e della scuola a versare poco più di quattromila 600 euro al padre del bambino. Il dovere di vigilanza dell’insegnante, ha precisato la sentenza, deve essere commisurato all’età e al grado di maturazione raggiunto dagli allievi.