Vicina truffa l’anziana e si fa intestare la casa a Roma (vicino al Vaticano), rogito firmato con la donna in fin di vita

Inflitti 4 anni per corruzione: pagando 15mila euro ha acquisito la nuda proprietà

Vicina truffa l’anziana e si fa intestare la casa a Roma (vicina al Vaticano), rogito firmato con la donna in fin di vita
Vicina truffa l’anziana e si fa intestare la casa a Roma (vicina al Vaticano), rogito firmato con la donna in fin di vita
di Valeria Di Corrado
Martedì 23 Gennaio 2024, 22:27 - Ultimo agg. 26 Gennaio, 13:40
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Mentre la signora Maria era ricoverata in ospedale in gravissime condizioni, una vicina di casa aveva acquistato il suo appartamento a pochi passi dal Vaticano «con la consapevolezza» che l’anziana «fosse in fin di vita e che dunque - si legge nel capo di imputazione - la vendita in nuda proprietà equivalesse a un immotivato sconto sul prezzo». Per ottenere questo vantaggio economico, Eliana Lupo (ora 62enne) aveva versato - secondo l’accusa - una mazzetta da 15mila euro all’amministratore di sostegno della signora Maria.

Il raggiro

Per questo ieri il collegio dell’ottava sezione penale del Tribunale di Roma, presieduto da Paola Roja, ha condannato la donna a 4 anni di reclusione per corruzione in atti giudiziari.

Il pm titolare dell’indagine, Gennaro Varone, aveva sollecitato 5 anni di pena. Per l’amministratore di sostegno, l’avvocato Francesco Luoni, si è già arrivati a una sentenza definitiva per corruzione e peculato. A maggio del 2020 era stato arrestato, insieme all’imprenditore napoletano Maurizio Chianese e a un altro legale, perché «procedevano sistematicamente alla spoliazione del patrimonio dei loro amministrati, giungendo a far emettere fatture anche per lavori edili risultati non eseguiti». Il gip lo aveva definito «un vero e proprio saccheggio delle proprietà» di tre anziane vittime.

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LA VICENDA

Come aveva riferito ai finanzieri l’amministratrice di condominio del palazzo di via Ostia, a Prati, la signora Maria «nell’ultimo periodo viveva in condizioni igienico-sanitarie molto precarie». Per questo motivo, a settembre del 2017, il giudice tutelare di Roma aveva nominato l’avvocato Luoni suo amministratore di sostegno (a fine mandato, ossia dopo la morte dell’anziana, gli è stato pure liquidato un indennizzo di 18mila euro). La vicina di casa viene a sapere che sta male ed è ricoverata in un ospedale dei Castelli Romani e, ad aprile 2018, insiste per farsi mostrare il suo appartamento da Chianese, collaboratore di Luoni. Quest’ultimo il 16 luglio 2018 deposita al giudice tutelare istanza per la vendita e la locazione dell’immobile. Eliana Lupo lo sollecita con continui messaggi, «nel timore - ha spiegato in aula il pubblico ministero - che l’anziana possa morire prima di poter stipulare».

L'urgenza

Una settimana dopo, sull’onda di queste pressioni, l’avvocato chiede «la definizione urgente della propria istanza e, lo stesso giorno, il giudice tutelare autorizza - ha fatto notare il pm nella sua requisitoria - senza la ricorrenza di alcuna apparente ragione che consigliasse la vendita, visto che il conto corrente dell’anziana aveva un rilevante saldo attivo». Da quel giorno, ossia dal 23 luglio, fino al primo agosto 2018, la vicina di casa «preleva con serrate operazioni quasi giornaliere 23mila euro dal proprio conto corrente».

«È MORTA!»

Il 2 agosto avviene la vendita in nuda proprietà dell’appartamento di via Ostia e il 23 agosto, tre settimane dopo, la signora Maria muore. Luoni comunica la notizia alla Lupo «con un trionfante punto esclamativo»: «Buongiorno Eliana! Stanotte è morta la Cafasso». La vicina di casa, infatti, diventa proprietaria esclusiva dell’immobile, il cui valore in quel momento - secondo la stima del consulente tecnico della Procura - si aggirava sui 235mila euro, «con uno scarto di 40mila euro rispetto al prezzo convenuto». «In ogni caso, il reale vantaggio - ha precisato l’accusa - è stato nel conseguimento della proprietà dell’appartamento, a causa di una vendita estranea all’interesse dell’anziana e dei suoi possibili eredi».

L'ammissione

Depone in tal senso «la palesemente ingiustificata frettolosità, sapida di malafede, con la quale - ha precisato il pm - si è agito in corrispondenza dell’evidente decadimento delle condizioni fisiche di Maria Cafasso». Per di più Luoni ha ammesso di aver chiesto e ricevuto dalla Lupo 15mila euro, in contanti, «per aver esercitato il suo mandato di amministratore di sostegno».

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