Las Vegas, le prime immagini della stanza dell'orrore. Il killer aveva 47 armi

Las Vegas, le prime immagini della stanza dell'orrore. Il killer aveva 47 armi
di Federica Macagnone
Mercoledì 4 Ottobre 2017, 15:05 - Ultimo agg. 5 Ottobre, 16:35
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Settantadue minuti. La strage è compiuta. È trascorsa oltre un'ora dall'attacco quando la polizia irrompe nella camera d'albergo al 32° piano del Mandalay Bay da dove Stephen Paddock ha scatenato la sua furia omicida per 11 minuti sulle 22mila persone presenti al Route 91 Harvest Festival, a Las Vegas. Mentre sul piazzale sotto il palco si contano i morti e si soccorrono i feriti, gli agenti dello Swat entrano nella stanza del killer.

 

 


Paddock è ancora dentro. Sa di essere braccato dalla polizia e, prima che gli agenti possano entrare in azione, si toglie la vita. Quando gli agenti fanno irruzione nella stanza si trovano di fronte a una scena da campo di battaglia: munizioni e armi ovunque. Adesso quelle immagini della suite dell'assassino stanno facendo il giro del mondo. Paddock è steso a terra privo di vita: si vedono soltanto le gambe. Indossa abiti normali, l'unico dettaglio sul suo corpo che riconduce alla strage sono i guanti. Accanto al cadavere munizioni, armi e supporti usati per mettere a punto la carneficina. Su un tavolo un foglio con alcuni appunti.

In un'altra foto viene mostrato come la pomposa stanza del Mandalay Bay sia stata trasformata in un arsenale: due poltroncine erano state accostate e usate come deposito di armi, a terra un trolley aperto. Sono 23 le armi trovate dalla polizia nella camera di Paddock, di cui 12 semiautomatiche manomesse con un dispositivo, chiamato “bump stock” che consentiva di sparare come fossero automatiche. Un'immagine ritrae in un angolo ciò che resta del pasto del killer: dalle indagini è emerso che Paddock aveva prenotato la camera dal giovedì precedente, ben quattro giorni prima della carneficina. Nella stanza la polizia ha anche trovato il carrello per la cena usato da Paddock per il suo soggiorno, durante il quale ha avuto il tempo di piazzare telecamere dentro e attorno alla propria suite per controllare eventuali movimenti della polizia. Secondo quanto riporta la Bbc, in particolare, due fotocamere erano state installate nel corridoio e una nello spioncino. «Chiaramente premeditato. Il fatto che avesse quel tipo e quella quantità di armi nella stanza... È stato tutto pianificato in anticipo, sono certo che ha valutato ogni cosa che ha fatto» ha detto lo sceriffo Joseph Lombardo.

Altre foto riportano al momento dell'irruzione della polizia: la stanza, che è stata sigillata, e quei fori di proiettile nel legno. Paddock, infatti, ha aperto il fuoco attraverso la porta, colpendo una guardia che si era avvicinata. Poi, di fronte all'arrivo delle squadre speciali che lo stavano andando a prendere, ha rivolto l'arma contro se stesso e si è ucciso. Le indagini sul movente stanno avanzando, ma secondo gli inquirenti non ci sono ancora risposte definitive. La storia di Paddock presenta alcuni elementi chiave utili, così come utili sono le indicazioni e le descrizioni di chi lo conosceva. Vicini di casa delle sue diverse proprietà lo descrivono come burbero, scostante e poco amichevole. Paddock era figlio di un rapinatore di banche che un tempo era in cima alla lista delle persone più ricercate dal Fbi e che veniva descritto come uno psicopatico. Il fratello dell'attentatore di Las Vegas, Eric, parla di un padre di scarsa, se non nulla, presenza nelle loro vite di bambini e quindi che poco potrebbe aver influito sul loro sviluppo. Sicuramente, però, il suo arresto datato 28 luglio 1960 - al quale Stephen, che aveva sette anni, non dovette assistere perché una vicina lo portò in piscina per risparmiargli il trauma - ha cambiato per sempre la vita dell'intera famiglia.

Fino alla sparatoria, Paddock non risultava aver commesso reati, né sono emersi legami con gruppi terroristici internazionali. Aveva svolto qualche incarico all'interno di uffici governativi durante la sua vita lavorativa, divorziato due volte e recentemente si era legato a Marilou Danley, la donna di origini filippine con nazionalità australiana che ora gli inquirenti sperano possa fornire elementi utili a spiegare quello che è accaduto in quella notte in cui Paddock ha ucciso 58 persone e ne ha ferite 527.

Stephen Paddock, l'uomo responsabile era in possesso di 47 armi da fuoco, che la polizia ha trovato
in tre posti diversi. A dichiararlo è stato Jill Snyder dell'ATF (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives) nel corso di una conferenza stampa a Las Vegas. Uno dei posti in cui sono state trovate le armi è la casa di Paddock a Mesquite. Dodici delle armi trovate invece nella stanza d'albergo, ha confermato, avevano il cosiddetto
bump stock, il congegno che consente di sparare in automatico.

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