Las Vegas, da ragioniere a killer spietato con due passioni: il gioco e i fucili

Las Vegas, da ragioniere a killer spietato con due passioni: il gioco e i fucili
di Flavio Pompetti
Martedì 3 Ottobre 2017, 08:29 - Ultimo agg. 08:31
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NEW YORK Un pensionato di 64 anni, una casa ricca quanto anonima nell'incolore periferia americana. Una comunità di pensionati che giocano a golf e bevono birra davanti al tramonto nel deserto del Nevada. L'immagine dell'attentatore di Las Vegas non potrebbe essere al tempo stesso più atipica e più rivoluzionaria. Stephen Paddock è stato durante la vita lavorativa un ragioniere contabile, ha lavorato per la Lockeed, ha vissuto in Nevada in passato, poi si è spostato vicino al resto della famiglia che è in Florida, per tornare infine due anni fa a Las Vegas. In Florida si lamentava della polvere causata da una fabbrica vicino alla sua abitazione, che gli causava allergie cutanee. E allora come fanno tanti altri americani della sua età e nelle sue condizioni si è spostato nel deserto, dove l'aria è pura e secca e non trasporta microbi, e dove il tempo scorre lento, insieme agli anni del riposo dopo la fine del lavoro. Nel villaggio di Mesquite, 150 km a nord est di Vegas, aveva comperato una villetta di due piani alla fine del labirinto di stradine di una recente lottizzazione.
 
 


Una casa identica a tutte le altre che compongono il villaggio, costruita con truciolato e carton gesso, ma che all'apparenza dichiara lo stato di relativo benessere di chi ci abita. Il prezzo d'acquisto era stato di 375mila dollari. Le due auto registrate a suo nome sono vetture di prezzo medio: un suv e un monovolume. Anche loro indicano disponibilità di denaro, ma non ricchezza vistosa. Paddock aveva una licenza di caccia e una per pilotare aerei, ma era anche un giocatore d'azzardo, un abitué ai tavoli da gioco, ben conosciuto nei casinò della streep di Las Vegas dove ha compiuto la strage. Qualcuno ha persino pensato che possa aver agito in seguito ad un dissesto finanziario dovuto ad una perdita. Nell'attesa di verificare questa congettura si può solo tornare a scorrere le tracce della sua vita, ed esattamente come annuncia il fratello Eric dalla Florida, si scopre che non c'è nulla che lo distingua. La polizia di Las Vegas ha detto in un primo momento che lo conosceva, ma pare che si tratti di una vecchia disputa con una sala da gioco di tanti anni fa, ormai seppellita e dimenticata.
Paddock non aveva affiliazioni di partito o di religione. Ancora una volta come tante in passato, e la totale anonimità dello stragista che rende il dramma di Las Vegas difficile da comprendere e più amaro da commentare.

 


Questa volta in più ci sono due nuovi elementi: l'età avanzata dell'attentatore, in totale contrasto con la media degli episodi del passato, e un identikit personale che non rivela nulla. Né può essere d'aiuto studiare il profilo di Marilou Danley, la donna australiana di origini filippine che dallo scorso gennaio lo aveva raggiunto nella villetta in fondo al villaggio residenziale di Mesquite. È madre e nonna, nelle foto su Facebook prontamente rimosse dopo la sparatoria sorride in spiaggia e sotto i monumenti delle città che ha visitato. Anche lei gioca d'azzardo, e a Las Vegas ha lavorato per anni come hostess nell'Atlantis Casino. «È una donna affabile dice sempre Eric Paddock manda biscotti a mia madre novantenne. Quando ho appurato quello che era successo, ho persino sospettato che travolto dalla follia mio fratello potesse aver fatto del male anche a lei». E invece Marilou è in salvo. La polizia americana l'ha raggiunta per procura mentre è in viaggio fuori dal paese. Gli investigatori hanno detto ieri che non è più una persona di interesse per l'indagine in corso, ma aspettano il suo ritorno negli Stati Uniti per interrogarla in cerca di indizi. I due non erano sposati, né è chiaro se fossero legati sentimentalmente. La famiglia di Stephen la definisce un'amica, e un'inquilina della casa di Mesquite.
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