Diossina, cos'è e cosa provoca: allarme a Ciampino dopo l'incendio. L'esperto: «L'impatto del veleno sui terreni sarà dimezzato in dieci anni»

Roberta Siliquini: "L'esposizione alla diossina può essere acuta e può causare alcuni problemi di salute caratteristici, come ad esempio una malattia della pelle che si chiama cloracne"

Diossina, cos'è e cosa provoca: allarme a Ciampino dopo l'incendio. L'esperto: «L'impatto del veleno sui terreni sarà dimezzato in dieci anni»
Diossina, cos'è e cosa provoca: allarme a Ciampino dopo l'incendio. L'esperto: «L'impatto del veleno sui terreni sarà dimezzato in dieci anni»
di Graziella Melina
Mercoledì 2 Agosto 2023, 14:26 - Ultimo agg. 4 Agosto, 08:21
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«In assenza di vento, la diossina rimane più concentrata e quindi ha anche più tempo per contaminare il terreno». Roberta Siliquini, presidente della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica, non ci gira intorno: «Servono 10 anni per ridurre del 50 per cento la quantità di diossina presente in una determinata area».

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Perché si tratta di sostanze pericolose?
«Le diossine sono composti chimici che si liberano per combustione e sono tendenzialmente onnipresenti nell'ambiente, ma hanno una elevata stabilità chimica, sono molto volatili e possono diffondersi anche a grandi distanze da dove vengono prodotte».

 


Con quali conseguenze?
«I rischi per la salute sono di due tipi, ma non necessariamente legati al valore indicato dall'Arpa del Lazio: l'esposizione alla diossina può essere acuta e può causare alcuni problemi di salute caratteristici, come ad esempio una malattia della pelle che si chiama cloracne, che provoca cicatrici permanenti; può anche dare effetti sulla funzionalità epatica, sul metabolismo del glucosio, quindi sul diabete e poi causare alterazioni dello sviluppo del feto e infertilità.

Tutti questi dati sono confermati dagli studi di follow up che sono stati condotti dopo il disastro di Seveso».


Da cosa dipendono gli effetti?
«Tanto più è lunga l'esposizione alla sostanza e tanto più sono elevate le dosi, più alti sono i pericoli. Altri rischi sono invece legati ad una esposizione cronica, che fortunatamente oggi è più rara perché ci sono leggi che impongono alle industrie il divieto di emettere diossina: in questo caso si possono manifestare alterazione del sistema immunitario, degli ormoni tiroidei e poi certamente patologie oncologiche. Il rischio cancerogeno a elevatissime esposizioni o a esposizioni croniche riguarda soprattutto il sistema linfatico ed emopoietico, quindi linfomi, leucemie, ma anche tumori del seno e del fegato. In ogni caso, al di là dell'esposizione acuta, sono gli effetti di accumulo della diossina nel corso della vita che poi possono essere cancerogeni».


Entro quanto tempo si possono manifestare?
«Anche a distanza di molti anni. Non dimentichiamo, infatti, che l'altra caratteristica della diossina è proprio il fatto che permane a lungo, anche perché un suo luogo preferenziale è il tessuto adiposo, e questo vale sia per gli umani che per gli animali. Il rischio principale, in sostanza, non è tanto di trovarsi in mezzo ad una nube di diossina, ma di ingerirla attraverso gli alimenti: questa sostanza si deposita sul terreno, quindi sui vegetali, poi gli animali mangiano l'erba contaminata e noi a nostra volta ci nutriamo di carne animale, con il rischio di ingerire elevate quantità di diossina. Non a caso, uno dei primi controlli che facciamo sulle carni importate è proprio quello di verificare i valori di diossina».


Sono a rischio anche le aree limitrofe?
«Gli studi dopo Seveso ci dicono che i rischi diminuiscono allontanandosi dalla nube tossica, ovviamente. Ma dobbiamo ricordare che il vento la sposta e che comunque l'aria ne contiene sempre un certo quantitativo: in genere la diossina si disperde ed è presente a concentrazioni bassissime, non possiamo eliminarla totalmente dall'ambiente. In assenza di vento, però, questa sostanza si sposta di meno e rimane più concentrata per un certo periodo nella stessa area e ha quindi anche più tempo per entrare nel terreno: servono 10 anni per ridurne del 50 per cento la quantità. Comunque, il pericolo dipende sempre dalle concentrazioni».


Come ci si può proteggere?
«Innanzitutto, chiudere le finestre in caso di combustione. È necessario lavare molto bene frutta e verdura; nelle falde acquifere, il terreno assorbe diossina, quindi i vegetali hanno maggiori concentrazioni. Occorre inoltre prestare attenzione alla carne che compriamo. In ogni caso, è necessario che le istituzioni preposte continuino a monitorare anche il terreno».

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