Da Sansevero a Totò, la città segreta dei massoni napoletani

La prima loggia si chiamava Perfetta Unione e sarebbe stata fondata nel 1731 dal violinista Xaverio Geminiani

La città segreta dei massoni napoletani
La città segreta dei massoni napoletani
di Vittorio Del Tufo
Domenica 11 Febbraio 2024, 10:00
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«Ma soprattutto, Fratelli, non avviliamo i nostri miseri comunicandoli ai profani» (Raimondo di Sangro, Discorso agli apprendisti della sua loggia, 1745). 

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Lo chiamavano Giardino degli Iniziati. Tra il Settecento e l'Ottocento era una tappa obbligata per tutti i fratelli massoni che si trovassero a passare da Napoli. Un tempo era una dimora lussuosa, oggi è una villa cadente; per intuirne l'antico splendore bisogna sbirciare oltre le spalle del civico 201 di Calata Capodichino. Un labirinto di strade conduce a una rapida scatenata e, pochi metri più avanti, all'ingresso della maison. Eccola, Villa Heigelin. A fine 700 apparteneva al banchiere tedesco Christian Heigelin, principe massone giramondo, e fu frequentata da personaggi del calibro di Johann Wolfgang Goethe, Percy Bysshe Shelley e il conte Cagliostro, che vi soggiornarono in epoca diversa, animando in qualità di ospiti illustri i convegni dei massoni e dei (sedicenti) Templari napoletani. Villa Heigelin è una delle "dimore iniziatiche" passate in rassegna dal giornalista, saggista e studioso napoletano Antonio Emanuele Piedimonte nel suo dotto excursus sulle «99 vie massoniche di Napoli» (edizioni Sub Rosa, per ora disponibile solo su Amazon). Un sorprendente e inedito stradario esoterico-massonico che accende un faro sulle 99 strade e piazze della città che portano il nome illustri appartenenti alla Libera-muratoria. I primi nomi che vengono in mente? I due principi per antonomasia: Raimondo di Sangro di Sansevero e Antonio de Curtis in arte Totò, entrambi gran maestri e fondatori di logge, in mezzo a loro tre secoli di storie e di Storia, ovvero le biografie di personaggi straordinari e le vicende dell'Italia meridionale. 

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Non tutti sanno che per secoli Napoli è stata una delle capitali della massoneria europea.

Secolo-spartiacque fu il Settecento del principe di Sansevero, che vedrà raccogliere nelle logge partenopee figure di primissimo piano, fino a quell'ammiraglio a cui è intestato il lungomare più bello del mondo, Francesco Caracciolo. Un nome che introduce alle pagine doverosamente dedicate agli eroi del 1799, tra i quali ricorderemo solo i più giovani: gli studenti (e professori) del «Battaglione Sacro» del collegio-ospedale Incurabili e gli impavidi universitari che si immolarono nella più epica delle battaglie combattute nel corso della Rivoluzione napoletana, quella del Fortino di Vigliena.

Il percorso tracciato da Piedimonte che si è ispirato alle opere di Gamberini, Gnocchini, Segante, Conti, Fragale, Di Castiglione, Mola ed altri consente di ripercorrere agilmente il lungo e articolato cammino della massoneria nel Sud attraverso i profili e i le gesta di personaggi quasi dimenticati o dei quali non si conosce l'appartenenza all'organizzazione (e in qualche caso neppure l'ubicazione delle strade che portano i loro nomi). Qualche esempio? Hugo Pratt (il papà di Corto Maltese), premi Nobel (Carducci, Quasimodo e Fermi), e grandi nomi della letteratura come Goethe, Stendhal, Dumas, Foscolo, Pascoli, Malaparte. Giornalisti illustri come Pimentel Fonseca, Torelli Viollier, Amendola, Ansaldo. Strade del centro e della periferia, protagonisti da scoprire o da riscoprire. Altri nomi: il padre del Napoli calcio, l'imprenditore ebreo Giorgio Ascarelli che fece nascere e crescere il club azzurro; l'archeologo Giuseppe Fiorelli, ovvero il grande studioso che trasformò Pompei creando i presupposti per il successo planetario degli Scavi. E ancora: eminenti medici come Cirillo, Cotugno e Pascale, celebri giuristi e studiosi come Filangieri, Pagano, Bovio; ecclesiastici come il vescovo e storico Forges Davanzati o l'abate vulcanologo Monticelli. Tutti legati dalla loro appartenenza alla massoneria napoletana, che dal Settecento in poi nonostante la dura opposizione della Chiesa e quella (meno ferma) dei Borbone riunì le eccellenze del Meridione. Del resto, come scrive l'Enciclopedia Treccani: «Solo Napoli ha una storia massonica interessante». È nella città della Sirena, infatti, che nascerà la prima loggia italiana. 

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Quale fu il primo tempio massonico di Napoli? Sulla base di alcuni documenti recuperati nell'800, la prima loggia si sarebbe chiamata Perfetta Unione e sarebbe stata fondata nel 1731 dal violinista e direttore d'orchestra Xaverio Geminiani, considerato il primo massone italiano. Ma la questione è controversa. Un altro documento ottocentesco rinvenuto casualmente qualche anno fa assegna la primogenitura alla loggia Fidelitas, costituita nel 1723 dal duca di Girifalco del casato dei Caracciolo. Ed e sempre nel Regno di Napoli e delle Due Sicilie che, tra il 1786 e il 1788, un intellettuale danese di origini germaniche, il teologo e massone Friederich Munter, convincera alcuni tra i migliori nomi della Libera-muratoria meridionale ad aderire all'Ordine degli Illuminati di Baviera, organizzazione segreta che si caratterizzava per l'impegno a favore del progresso sociale ed era fortemente impegnata nella lotta contro l'assolutismo (primo esempio di setta cospirativa il cui modello, secondo molti storici, avrebbe ispirato diverse organizzazioni libertarie in tutta Europa).

In quegli stessi anni Christian Heigelin realizzò a Napoli, come si diceva, una delle più famose ville iniziatiche d'Europa, un gioiello d'arte e architettura che sorgeva nella parte bassa di Capodichino. Principi e poeti iniziati percorsero i corridoi della villa di Capodichino e il Gran Maestro Diego Naselli dei principi d'Aragona, confidente di Maria Carolina, frequentò a sua volta la dimora. Fu qui che il tenebroso barone Karl Eberhrd von Vachter iniziò i primi dieci neo-Cavalieri napoletani con l'esecuzione di un antico e solenne rituale, la Militia Christi Templioque Salomonici, e sempre qui che Giuseppe Balsamo - conte di Cagliostro e avventuriero, falsario, mago, filosofo, medico e negromante - completò nel 1775 il suo inquieto periodo di formazione iniziatica. Tra queste mura sostarono anche i massoni aderenti alla sigla Stretta Osservanza che pretendeva, forse millantando, di raccogliere l'eredità spirituale di Jacques de Molay, nume dei Templari.

Facendo un salto in avanti di qualche decennio esempre a Napoli (e a Milano) che la massoneria italiana torna a riacquistare forza dopo l'ennesimo periodo di persecuzioni: nel 1804 vede la luce il Grande Oriente della Divisione dell'Armata d'Italia di stanza nel Regno di Napoli. E nello stesso periodo e sempre sulle rive del Golfo nasceraanche un Supremo Consiglio del rito scozzese, il terzo in Europa. Nel 1806 viene creato il Grande Oriente di Napoli alla cui guida e posto, subito dopo la sua incoronazione, il re di Napoli Giuseppe Bonaparte, già gran maestro del Grande Oriente di Francia. L'Obbedienza partenopea nel 1813 conta oltre novanta logge, tra cui l'Umanita di cui e maestro venerabile lo storico Pietro Colletta. Su quel vivace momento storico ecco le parole di un insigne studioso napoletano, Mario Buonoconto: «Una rinascita massonica si opererà nel periodo napoleonico perché Napoleone era massone e proveniva da una famiglia che vantava molti Liberi Muratori. Il fratello maggiore del sovrano, Giuseppe Bonaparte (...) fu iniziato a Marsiglia». Fugure note, notissime o domenticate che compongono un inedito itinerario della memoria. 

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