Salerno, Luigi D'Urso di Nonna Maria morto investito: condannato a tre anni l'automobilista

Punito con l’aggravante di aver superato l’incrocio nonostante il semaforo rosso

Luigi D'Urso, la vittima
Luigi D'Urso, la vittima
di Viviana De Vita
Giovedì 25 Maggio 2023, 06:40 - Ultimo agg. 07:23
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Stava tornando a casa dopo aver chiuso il ristorante che gestiva, “Nonna Maria”, in via Roma, quando fu sbalzato dallo scooter in seguito all’impatto con una Ford Fiesta. A distanza di due anni da quella tragedia nella quale perse la vita l’appena 29enne Luigi D’Urso, è arrivata la sentenza per quel dramma consumatasi a Corso Garibaldi, a pochi passi dal vecchio tribunale e all’altezza di un incrocio nevralgico della città. Tre anni di reclusione è stata la pena inferta dal gup Marilena Albarano a carico di C.G., 24 anni, assistito dagli avvocati Felice Lentini e Carlo Di Ruocco, accusato di omicidio stradale e che rischiava, in base alla richiesta formulata dal pubblico ministero al termine della sua requisitoria, quasi sei anni di reclusione.

Il gup ha fatto cadere le aggravanti contestate dalla Procura secondo cui l’imputato aveva bevuto ed era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti quando, a folle velocità, superò l’incrocio tra via Arturo De Felice e corso Giuseppe Garibaldi. Per il 24enne è restata solo l’aggravante di aver superato l’incrocio nonostante il rosso del semaforo gli imponesse lo stop ignorando quindi il segnale luminoso e sfiorando i cento chilometri orari. L’imputato è stato inoltre condannato al risarcimento dei danni che saranno quantificati in separata sede. I familiari della vittima, sposato e padre di tre bambini, si sono infatti costituiti parte civile attraverso l’avvocato Francesco Dustin Grancagnolo


Sono state le indagini della Procura, coordinate dal pubblico ministero Maria Carmela Polito, a ricostruire la dinamica della tragedia consumatasi nel novembre 2021 nel cuore della città. Chiarissime le accuse confluite nelle carte della Procura e che ricostruiscono, anche grazie alle perizie di parte (consulente tecnico di parte civile, ingegner Gerardo Mirabelli) la dinamica del tragico incidente. Lo scooter con in sella il giovane ristoratore proveniva da lungomare Trieste e aveva svoltato per via Arturo De Felice. Luigi D’Urso doveva raggiungere, dopo l’incrocio di corso Garibaldi, la zona del Carmine per poi proseguire verso via Irno e tornare a casa dalla moglie e dai figli. La Ford Fiesta, invece, proveniva da corso Garibaldi e proseguiva verso via Roma.

A bordo c’erano tre persone: alla guida C.G., 24 anni.

Aveva lavorato in una Capitaneria di porto e da un mese era sbarcato da una nave di un’importante compagnia di navigazione. Quella sera stava rientrando insieme agli amici dalla festa di compleanno della fidanzata: in base alle conclusioni della perizia chimico tossicologica, smentita dalla sentenza del gup, aveva bevuto ed era sotto l’effetto di cannabinoidi. Correva: la sua auto procedeva a 98 km orari in pieno centro, in un tratto di strada per il quale il limite imposto è di 50 km orari. All’incrocio tra via Arturo De Felice e corso Giuseppe Garibaldi il semaforo era rosso ma il 24enne non si fermò. Inevitabile lo scontro con lo scooter che proveniva dal lato mare. Violentissimo l’impatto: Luigi D’Urso fu sbalzato dal motorino e si schiantò contro il parabrezza e la parte anteriore del tetto dell’auto venendo poi catapultato contro un cartello metallico posizionato sull’aiuola. Un volo che non fu fermato neanche dal cartellone, che per la violenza dell’impatto si spezzò. Il corpo di Luigi si schiantò sull’asfalto metri dopo, nello spartitraffico di corso Garibaldi all’altezza della scuola elementare Vicinanza. Per il 29enne non ci fu nulla da fare nonostante indossasse il casco: la morte sopraggiunse sul colpo e ai soccorsi, giunti in pochi minuti sul posto, non restò che constatare il decesso. Il 24enne alla guida della Ford finì ai domiciliari per omicidio stradale ma fu liberato poco dopo perché, nell’immediatezza dei fatti, la dinamica del sinistro non appariva chiara.

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