Muore partorendo due gemelli,
il processo finisce in prescrizione

Muore partorendo due gemelli, il processo finisce in prescrizione
di Nicola Sorrentino
Sabato 12 Marzo 2022, 06:20 - Ultimo agg. 19:52
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Morì insieme ai due gemellini che portava in grembo, pronta a partorire, il 24 aprile del 2011 all’ospedale Mauro Scarlato di Scafati. La Corte d’Appello di Salerno dichiara la prescrizione per l’unico imputato, un ginecologo, che era stato condannato in primo grado ad 1 anno e 6 mesi per aborto colposo. Il medico era stato assolto per la morte di Maria Rosaria Ferraioli, 25enne di Angri, così come altri quattro coinvolti nell’indagine. Il collegio ha inoltre rigettato l’appello delle parti civili - che ritenevano colpevoli tutti gli imputati - revocando il pagamento della provvisionale disposto per l’unico imputato. Il processo si chiude, dunque, senza possibilità di accertare responsabilità, lasciando in piedi il solo giudizio civile. 
LA STORIA
La donna - secondo quanto ricostruito da indagini, perizie e dibattimento - a seguito di un consulto con il ginecologo di fiducia, per un ascesso alla coscia destra, seguì una terapia con solo una pomata e impacchi di camomilla. Dopo due giorni il dolore aumentò, spingendola a recarsi in pronto soccorso. Fu visitata così dal ginecologo dell’ospedale, ma visto lo stato di gravidanza, finì in chirurgia per un intervento su quell’ascesso, consistito in un’incisione con seguente drenaggio. Nella notte, la donna peggiorò per uno choc settico. Il taglio cesareo che fu deciso per salvare i gemellini non sortì effetto. La giovane morì poco dopo. Riguardo la posizione del medico di famiglia, la sentenza di primo grado spiegò che la situazione non fosse «tale da imporre rimedi d’urgenza, quali farmaci di maggiore efficacia. Una terapia invasiva poteva essere dannosa per i feti». Fu escluso anche il trasferimento presso altra struttura, visto «lo sviluppo fulmineo e drammatico dello stato septico» della paziente. Il chirurgo, invece, «acquisito il parere dello specialista, effettuò un rapido e corretto intervento». I due anestesisti provvidero «alle manovre rianimatorie ma nessun addebito di colpa può muoversi, vista la divisione dei compiti. Non potevano intervenire chirurgicamente». Per il ginecologo invece, ritenuto in primo grado responsabile della sola morte dei feti, pur in ristretto arco di tempo, secondo il tribunale di Nocera «avrebbe dovuto operare un monitoraggio preventivo e prescrivere un controllo successivo alla realizzazione dell’intervento. L’assenza di dati esplicativi e conoscitivi sullo stato di salute di madre e feti è riconducibile essenzialmente alla sua condotta superficiale. Una volta che la donna si aggravò, avrebbe dovuto tassativamente disporre, in presenza di un arresto cardiaco, l’estrazione dei feti. La scelta paralizzò il funzionamento dell’equipe e precluse ogni possibilità di diversa opzione da parte di chirurgo e rianimatori». La prescrizione ha chiuso l’iter giudiziario.

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