Altavilla, uccise la badante della madre per gelosia: condannato a 22 anni di carcere

Non fu un malore a uccidere la 43ennne Snejana Bunacalea ma la violenta aggressione subita davanti alla vasca da bagno

Il palazzo di giustizia di Salerno
Il palazzo di giustizia di Salerno
di Viviana De Vita
Martedì 4 Aprile 2023, 07:00
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Nessun malore o crisi epilettica: Snejana Bunacalea, la badante moldava trovata morta il 5 marzo 2020 ad Altavilla Silentina, non era scivolata nella vasca da bagno. La 43enne è stata uccisa da Gerardo Cappetta, il figlio dell’anziana che la vittima accudiva. L’uomo, ex benzinaio e dipendente di Poste italiane, si era invaghito di lei ed era pazzo di gelosia. Ad accogliere la tesi della Procura sono stati i giudici della Corte d’Assise del tribunale di Salerno che, ieri, all’esito del processo di primo grado hanno condannato il 54enne, assistito dall’avvocato Bifano, a 22 anni di reclusione e ad una provvisionale immediatamente esecutiva a favore delle parti civili - marito e figli - rappresentate dall’avvocato Angelo Mancino.

La casa dove si è consumato il delitto è stata pignorata: a ciascun figlio della vittima è stata liquidata, a titolo di provvisionale, la somma di 90mila euro mentre al marito è stata riconosciuta una provvisionale di 30mila euro. Il risarcimento integrale sarà liquidato in sede civile. Si è chiuso così, a fronte di una richiesta di condanna all’ergastolo avanzata dal pubblico ministero Bianca Rinaldi, titolare del fascicolo, il processo di primo grado su un delitto chiarito dopo 9 lunghissimi mesi di indagine quando i carabinieri, dopo l’intervento del Ris di Roma, hanno stretto le manette ai polsi del 54enne. Sono stati proprio gli esami del Ris, uniti ai risultati dell’autopsia, a far crollare il castello difensivo eretto dall’imputato che, all’arrivo dei soccorsi, aveva simulato un malore. Secondo la tesi della procura, confermata ieri dai giudici, fu proprio Cappetta ad uccidere la donna, della quale si era invaghito, spingendola più volte con la testa contro la superficie della vasca colma d’acqua. 

Nel corso della sua requisitoria il magistrato aveva ricostruito quei concitati istanti nel corso dei quali Cappetta sorprese la 43enne all’interno del bagno e, dopo averla colpita con schiaffi, calci e pugni, l’immobilizzò afferrandole la testa e tirandole i capelli. Quindi, trattenendola in ginocchio davanti al bordo della vasca colma d’acqua, cominciò a spingerla con la testa contro la superficie della vasca facendola infine morire per annegamento. Per la Procura non si trattò di un incidente: nessuna caduta causata da un attacco di epilessia, patologia di cui – in base a quanto affermato più volte dall’imputato – la 43enne moldava era affetta. Era infatti questa la tesi portata avanti dal legale dell’imputato, l’avvocato Bifano: secondo la linea della difesa supportata dai propri periti la mancanza di lesioni sul torace della donna sarebbero prova dell’errata ricostruzione dell’accusa. La tesi difensiva non ha però retto al vaglio dei giudici che, ieri, hanno condannato Cappetta a 22 anni di carcere.

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