Giffoni, inizia il processo alla moglie e al figlio del panettiere fatto a pezzi

Prende il via in Corte d'Assise il processo per la moglie e il figlio del panettiere di Giffoni

Il momento del ritrovamento del cadavere di Ciro Palmieri
Il momento del ritrovamento del cadavere di Ciro Palmieri
di Angela Trocini
Giovedì 30 Marzo 2023, 06:05 - Ultimo agg. 12:04
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Saranno oggi, davanti ai giudici (presidente Ferrara, a latere Passaro) della Corte di assise di Salerno, Monica Milite e il figlio Massimiliano Palmieri, accusati dell’omicidio di Ciro Palmieri (il panettiere di Giffoni Valle Piana, rispettivamente marito e padre dei due imputati). I due sono finiti sotto processo dopo che, lo scorso mese di febbraio, il gip Alfonso Scermino aveva emesso il decreto di giudizio immediato come richiesto dai pm Licia Vivaldi e Stefania Faiella. All’udienza di oggi, una volta costituite le parti (i due imputati sono difesi dagli avvocati Francesco Saverio Dambrosio e Antonietta Cennamo) con la costituzione di parte civile (attraverso l’avvocato Rocco Pinto) della mamma e dei fratelli del panettiere ucciso, si procederà alle richieste probatorie e richieste di acquisizione prove per poi entrare nel vivo del dibattimento per un delitto, avvenuto a luglio dello scorso anno, che scosse molto l’opinione pubblica per modalità ed efferatezza.

Il cadavere di Ciro Palmieri, infatti, fu ritrovato addirittura mutilato: dopo averlo ucciso con decine di coltellate inferte in vari punti, nel tentativo di distruggere il corpo e disperderlo tra i boschi, le gambe vennero colpite ripetutamente con un macete tanto che l’arto destro si staccò dal resto. 

Secondo le accuse, madre e figlio (in concorso con l’altro figlio minore, per il quale si procede separatamente, e alla presenza di un altro figlio di soli 11 anni, che osservava la scena dal corridoio) uccisero Ciro Palmieri con una serie di coltellate al torace, alla testa e al dorso (sarebbero stati utilizzati tre coltelli) al culmine di una lite che era iniziata tra i due coniugi (Ciro e Monica).

Secondo la ricostruzione effettuata, durante la lite il panettiere lanciava del liquido contenuto in una bottiglia per bevande contro la moglie e questa - dopo aver afferrato una scopa - cercava di colpire il marito.

Il trambusto fece accorrere due figli della coppia che, tentarono di immobilizzare il padre mantenendogli le braccia e che, nel tentativo di divincolarsi, colpì la moglie facendola scivolare sul liquido che era finito sul pavimento. La donna, rialzandosi, si armava di un coltello colpendo l’uomo, con più fendenti, alle spalle.

Intanto, uno dei due figli trascinava il padre per terra lungo il corridoio stringendogli il braccio intorno al collo nel tentativo di soffocarlo mentre l’altro figlio - preso un secondo coltello - lo colpiva più volte al petto per poi armarsi di un terzo coltello e continuando ad accoltellarlo. I tre, sempre secondo le accuse, continuarono ad accoltellarlo nonostante l’uomo giacesse esanime sul pavimento, in una pozza di sangue, spuntandogli anche addosso. Ma, per nascondere il delitto, i due figli mutilavano e distruggevano il cadavere (dopo essersi muniti di candeggina, diavolina e buste nere) e - su istigazione della mamma - di simulare la scomparsa o un eventuale sequestro di persona, tanto che fu creato un numero WhatsApp da cui venne inviato, sull’utenza in uso al Palmieri, il messaggio «Ciro siamo i soliti, ti stiamo venendo a prendere. Porta quella cosa», in modo da rendere credibile la denuncia presentata la sera del 30 luglio 2022 (la morte risaliva al giorno prima) avvolgendo il cadavere in diverse buste di plastica, poi riaperte per colpire le gambe con un machete, in particolare quella destra, che alla fine si staccò dal resto del corpo. Trascinato, poi, il cadavere fuori dall’abitazione e caricatolo nel bagagliaio dell’auto, fu gettato nella folta vegetazione dell’area boschiva lungo la strada provinciale 25, nel tentativo di non far ritrovare più il cadavere. Ma le indagini, effettuate dopo la denuncia di scomparsa e che sin da subito non convinse i carabinieri, portò gli stessi responsabili a confessare il delitto.

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