Coronavirus, seconda ondata in autunno: «Il Covid resterà tra noi»

Coronavirus, seconda ondata in autunno: «Il Covid resterà tra noi»
di Graziella Melina
Martedì 28 Aprile 2020, 06:52 - Ultimo agg. 29 Aprile, 11:31
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«Se il virus tornerà in autunno? Ci auguriamo proprio di no». Sollecitati ogni giorno sui possibili scenari futuri come dei novelli aruspici, anche agli esperti più navigati capita che alla fine si lascino andare alla speranza. Ma dura poco. Perché la questione di una seconda ondata del Sars-cov 2 è seria e gli scienziati di tutto il mondo lo sanno bene. «Questo virus resterà con noi molto tempo - ha avvertito il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus - Le prime evidenze che abbiamo indicano che la maggior pare della popolazione del mondo rimane suscettibile. Ciò significa che le epidemie possono facilmente riaccendersi».

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GLI SCIENZIATI
Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and infectious Diseases statunitense è ancora più perentorio: «Il virus tornerà in autunno», Poi prova a tranquillizzare: «Ma saremo più preparati». Anche in Italia gli scienziati danno quasi per certa una seconda ondata. O, per lo meno, la presuppongono. Massimo Ciccozzi, direttore dell'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell'Università Campus Bio-medico di Roma, premette: «Ancora oggi non abbiamo un modello matematico di previsione su questo virus. Non possiamo prevedere che se il 4 di maggio apriamo le frontiere delle varie regioni italiane succede il caos». Neanche il paragone con gli altri virus può dare qualche certezza in più. «Non lo possiamo sapere basandoci sulle supposizioni del passato, ma solo su prove scientifiche evidenti e su modelli matematici robusti e sicuri. Anche perché ogni virus ha una storia a sé». Ma c'è chi, come Massimo Andreoni, direttore della clinica malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma, un piccolo spiraglio prova a lasciarlo aperto. «Questa leggerissima speranza che il virus scompaia può essere legata al fatto che la Sars scomparve a giugno e che i coronavirus non circolano d'estate». Ma subito dopo, a scanso di facili illusioni, chiarisce: «Diciamo però che può rappresentare una probabilità di uno su mille».
 



LO SCENARIO
E allora, lo scenario che si apre davanti non tranquillizza affatto. «Possono accadere due cose - spiega Andreoni - che il virus continui a girare anche in Italia, seppure con una numerosità dei casi molto modesta. Oppure che possa rientrare nel nostro Paese da qualche parte del mondo». L'ipotesi di ricominciare ad affrontare un virus diverso rispetto ad oggi, però, non sembra presagire nulla di buono. «Non ci sono segnalazioni che questi cambiamenti abbiano modificato né la patogenicità, né la virulenza, cioè l'infettività del virus - dice però Andreoni - Il virus si sta un po' modificando, ma non in modo così sostanziale da far ritenere che possa diventare un virus banale». Inutile, dunque, perdersi in false speranze. Claudio Mastroianni, professore ordinario di malattie infettive alla Sapienza di Roma, direttore delle malattie infettive del Policlinico Umberto I, dà quasi per scontata una seconda ondata e pensa già a come affrontarla con strategie concrete. «Non possiamo escludere che con la stagione autunnale ci sia un ritorno del virus e quindi la cosa importante per gestire questa eventuale situazione è sottoporre in anticipo le persone alla vaccinazione anti influenzale». Non che il vaccino per l'influenza copra anche dal Sars-Cov 2. Ma potrebbe servire per accelerare le diagnosi e indirizzare subito i pazienti verso cure più mirate.

LA SPERANZA
«È chiaro che in questa maniera, se ci fosse un aumento dell'accesso alla vaccinazione, noi elimineremmo tutte quelle sindromi influenzali e ciò ci consentirebbe meglio di identificare i casi di Covid ma anche di evitare che le due infezioni si sovrappongano», ribadisce Mastroianni. Che però un barlume di speranza alla fine lo vuole tenere acceso. «Il virus continuerà a circolare sicuramente finché non avremo un vaccino. Ma credo che, adesso, il servizio sanitario nazionale, con tutte le misure messe in campo, è indubbiamente più attrezzato per gestire una eventuale fase successiva».

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