Brian Eno Leone d'Oro alla carriera alla Biennale Musica di Venezia: «Sono un pittore di suoni»

«Ora mi chiamano maestro, ma si tratta, evidentemente, di una definizione distorta»

Brian Eno
Brian Eno
di Stefano Valanzuolo
Mercoledì 25 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 26 Ottobre, 07:28
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«Ora mi chiamano maestro, ma si tratta, evidentemente, di una definizione distorta, perché nessuna idea nasce da sola, nessun progetto ha un unico artefice. Ricevere il Leone d'Oro alla carriera, dunque, è un onore che voglio condividere con i molti partner preziosi che mi sono stati accanto in tanti anni di lavoro». Il premio a Brian Eno lo hanno consegnato a Venezia il presidente della Biennale, Roberto Cicutto, e il direttore artistico di Biennale Musica, Lucia Ronchetti. Subito dopo, a colloquio con Tom Service, il settantacinquenne artista inglese si è soffermato sul senso del riconoscimento.

«Io un genio? L'ho sentito dire, ma non ci credo.

Diciamo che sono stato fortunato nel vivere e lavorare in un periodo storico che all'arte e alla musica ha concesso attenzione proficua, attraverso politiche giuste di supporto. Sono cresciuto in un'epoca senza guerre, segnata dal ruolo forte della scuola pubblica, un'epoca in cui la mobilità sociale era considerata un valore. Devo a questo insieme di cose il fatto di aver potuto dare una forma alle mie idee».

In un'edizione fantasiosa di Biennale Musica dedicata al suono digitale, alla sua produzione e ai suoi progressi tecnologici, la presenza di Eno assume un senso forte. Nella motivazione che accompagna il premio, Ronchetti parla infatti della capacità dell'ospite di concepire «spazi elettronici che si trasformano e permeano la nostra realtà acustica, con drammaturgie sempre cangianti».

Dagli esordi coi Roxy Music, passando per le collaborazioni - a proposito di partner preziosi - con Fripp e Bowie, è passato più di mezzo secolo, e Brian Eno non ha mai smesso di mettere a frutto una vocazione felicemente visionaria, pur nel rispetto di alcuni riferimenti inscalfibili. L'attenzione rivolta al suono, innanzi tutto, quale sostanza del pensiero musicale (e non semplicemente mezzo), poi declinata in chiave tecnologica. A seguire, il rapporto tra suono e spazio, all'origine di una filosofia compositiva riassunta in due parole: «ambient music». 

Sabato scorso, alla vigilia della cerimonia di premiazione, Eno ha riempito la Fenice due volte proponendo, in prima esecuzione, «Ships», un lavoro per solisti e orchestra amplificata nato dal ripensamento, in chiave sinfonica, di un titolo («The ship») già pubblicato nel 2016. Un pezzo «tridimensionale» in cui la forma canzone non è negata ma decomposta, forse, in un puzzle di spunti e soluzioni talmente inafferrabili da sembrare liquidi, appunto. La suggestione degli esiti risulta amplificata dal ricorso a un'orchestra (la Baltic Sea Philharmonic) giovane, scenicamente coinvolgente e capace di ricavare volumi e colori appropriati sotto la direzione assai dinamica e sinuosa di Kristjan Jarvi. Eno presta la propria voce, come solista principale, al percorso compatto (40 minuti, più o meno), ed è una voce bella, profonda, che ci riporta qualche decennio indietro nel tempo.

«Lo sperimentatore capace di assumersi grandi rischi» (leggiamo dalla motivazione del Leone d'oro) stavolta confeziona, con lodevole cura del dettaglio, un prodotto vintage di classe, che suona pop nel senso pinkfloidiano del termine, che è classico per il turgore straussiano (nel senso di Richard) della parte orchestrale, che è cento per cento Eno nello sfruttamento del mezzo di riproduzione e degli spazi da riempire di timbri e note. Un lavoro da architetto del suono (lui si definisce «pittore»), ossia da apostolo della già citata ambient music, mai dissociato né pentito. Per fortuna. 

Alla fine di «Ships», come in un ottimo concerto pop, Brian Eno mette in fila una serie di bis, a cominciare da «By this river», citazione, non a caso, degli anni 70. È un tributo a sé stesso condiviso con gioia e arricchito dall'apertura di inusitati orizzonti orchestrali; per qualcuno è un «come eravamo» ripercorso tutto ad alti livelli di resa musicale e sonora. «Magari», dice prima di lanciarsi nei bis, «pensavate di concedervi una rilassante serata ambient... Speriamo non vi siate spaventati, allora, di fronte a qualche passaggio esplosivo». 

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