Lodo Guenzi (Lo Stato Sociale): «Fedez? Successe anche a noi nel 2015 al Concertone»

Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale
Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale
di Mattia Marzi
Lunedì 3 Maggio 2021, 19:01 - Ultimo agg. 4 Maggio, 00:57
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«Fedez? Ci siamo scritti l'altra notte, dopo il suo discorso al Concertone. Gli ho detto che ero molto contento, perché quello è un contesto dal quale bisogna mandare messaggi che devono incidere sulla società. E lui lo ha fatto. Anche noi de Lo Stato Sociale nel 2015 dovemmo lottare contro la censura, lì. Volevamo portare cinque coppie omosessuali con noi sul palco, si sarebbero baciate durante l'esibizione: ce lo impedirono», dice Lodo Guenzi (34 anni), il cantante della band bolognese, tra i primi a sostenere pubblicamente il rapper sui social nel bel mezzo della polemica con la Rai.

Chi ve lo impedì?

«Esponenti Rai, non gli organizzatori: onestamente non ricordo i nomi, perché lì le persone cambiano continuamente".

Il motivo?

«Per loro un bacio gay in diretta tv sarebbe stato visto dai telespettatori a casa come qualcosa di troppo sconvolgente.

Ma era il 2015, mica il 1946: in un gesto del genere non c'era niente di così dirompente, il pubblico era già abituato. Alla fine ci baciammo io e Albi, il bassista del gruppo. Citammo Sant'Agostino: “Ama e fa ciò che vuoi'".

Reazioni?

«Se vuol sapere se ci fecero pagare penali, la risposta è no: nessuno ebbe da ridire. Lasciammo il segno. Ma rispetto a noi Fedez ha aggiunto un elemento in più».

Quale?

«Fino ad oggi la cosa peggiore che potesse capitare a consiglieri comunali e regionali come quelli che lui ha menzionato nel suo discorso era quella di restare per un paio di giorni sul colonnino di destra di un quotidiano online per le loro dichiarazioni assurde. Da ieri, invece, sanno che per quelle stesse uscite possono finire al centro di un dibattito nazionale se artisti come Fedez decidono di esporsi. È bello vedere personaggi del pop molto seguiti come lui, Elodie, Emma o Michele Bravi far avvicinare i loro fan a certi temi. Il mainstream si è preso quella responsabilità che fino a pochissimi anni fa sembrava essere appannaggio esclusivo dell'underground».

Lei al Primo Maggio ci è tornato più volte, anche come conduttore. E non ha mancato di lanciare da quel palco frecciatine a politici. La Rai le ha mai chiesto di leggere in anteprima i testi?

«Quando nel 2017 attaccammo Salvini fui io a mandare agli autori una bozza: non facevo ancora tv e volevo dei consigli. Nel 2018 feci una battuta sulla lunghezza del nome della presidente del Senato Casellati, ma sempre di concerto con gli autori: le battute più forti le inserirono loro».

Se le avessero detto di omettere i nomi dei diretti interessati?

«Una richiesta del genere mi avrebbe infastidito non poco. Comunque, se posso permettermi, nel caso di Fedez la cosa grave non è la censura in sé. Dalla registrazione della telefonata che lui ha pubblicato sui social emerge un elemento peggiore: la dissociazione dell'azienda. Quando inviti al Primo Maggio una persona come lui, che da tempo fa attivismo politico tramite i suoi canali, non puoi aspettarti che porre un argine alla sua libertà di espressione non si tramuti in un autogol: è ciò che è successo».

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