Sanremo 2024, Angelina Mango commuove l'Ariston: «Ma mi è servita tanta forza per cantare papà»

«Rivendico il fatto di essere donna: mi rende orgogliosa. Vado a testa alta e libera»

Angelina Mango
Angelina Mango
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Sabato 10 Febbraio 2024, 08:00 - Ultimo agg. 11 Febbraio, 09:28
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Don't cry for me Angelina. Ha 22 anni lo scricciolo che canta «La rondine»: «Nonostante tu sia/ la mia rondine andata via/ sei il mio volo a metà/ sei il mio passo nel vuoto/ Dove sei? Dove sei?» con il quartetto d'archi dell'Orchestra di Roma e il fantasma di papà Pino da qualche parte, la sua voce di falsetto al miele nel nostro cuore. Bravissima, non sai nemmeno come faccia, dove trovi quel canto libero, quella forza di affrontare una prova simile, su un palco simile, in un teatro simile che le dedica una meritatissima standing ovation. Al di là del risultato finale di stasera, che vede Angelina Mango tra i favoriti, è nata una stella. Ci avevamo visto bene votando per lei alla finale di «Amici», forse memori di quel 2007 in cui suo padre e sua madre divisero «Chissà se nevica» all'Ariston. Era la serata dei duetti, senza cover all'epoca, presentava Baudo, e Laura Valente si unì al marito, raccontando di un mancato ipotetico trio con Angelina, allora di anni sei. «Voleva venire con noi alle prove, ci ha chiesto: E io che canto?». Ieri ha scelto «La rondine», storia di qualcuno finito nel cielo sbagliato. E volando altissima. Come un'aquila.

Ma davvero, Angelina, volevi cantare con loro?
«Sempre, e spesso lo abbiamo fatto, con mia madre, e con mio fratello Filippo alla batteria, facciamo ancora oggi musica ogni volta che possiamo.

All'epoca, però, ero una bimbetta e mi avevano lasciato a Lagonegro».

Come mai hai scelto di proporre nella serata delle cover un pezzo di tuo padre? E come mai proprio «La rondine»?
«Quando ho deciso di fargli un omaggio il pezzo è venuto spontaneo, tra i suoi più intensi e famosi».

Tuo padre, una delle voce più belle ed originali che ha avuto la canzone italiana, se n'è andato l'8 dicembre 2014, stroncato da un infarto sul palco di Policoro.
«La sera del suo ultimo concerto ero lì, sotto il palco. Realizzai subito quello che stava succedendo. Ma preferirei non parlarne, torniamo alla musica, alla sua canzone. Per me è una prova a nervi scoperti, da affrontare con la serenità e l'anima in pace che serve per rendere un omaggio rispettoso. Per prepararlo mi sono messa al piano in studio alla ricerca dell'anima della canzone».

Sembri davvero averla trovata, l'hai fatta tua senza spostarla da dov'era, senza cercare di imitare l'inimitabile, indossandola come una cosa che ti appartiene. La rondine che vola via disegna una canzone d'addio.
«Mi richiede pensieri forti, intensi, ma non la trovo una canzone disperata, ci vedo dentro tanta struggente dolcezza».

Tuo padre è stato in gara sette volte a Sanremo, esordendo nel 1985 tra le Nuove Proposte: fu bocciato, ma vinse il premio della critica. L'anno successivo arrivò con «Lei verrà», futuro hit, ma inchiodato al quattordicesimo posto. L'ultima volta è stata quella del duetto con tua madre, che però era già stata all'Ariston nel 1993, come voce dei Matia Bazar di «Piccolo gigante». Ti ha dato consigli per questo tuo primo Festival?
«Sì. Prima che iniziasse mi ha detto chiaro e tondo che sarebbe stata tosta. Poi mi è stata sempre vicina, quando ho avuto più bisogno l'ho cercata, lei c'è, come mio fratello».

«La noia», deliziosa cumbia che hai scritto con Madame e Dardust, ti lascia sulla soglia di una possibile vittoria. È già quarta in hit parade, raccoglie numeri importanti sul fronte delle visualizzazioni, dello streaming. Pronta per tutto quello che verrà dopo?
«Sono pronta, forse, per quello che verrà adesso: voglio godermi l'Ariston, il Festival, l'orchestra, la mia canzone, la noia a cui spero di poter tornare subito dopo: è un lusso che voglio concedermi. Il mio obiettivo è scendere dal palco felice».

«Una corona di spine sarà il dress-code per la mia festa», canti nel brano.
«Rivendico il fatto di essere donna: mi rende orgogliosa. Vado a testa alta e libera. A sei anni ho scritto la mia prima canzone, “Mi sono innamorata di me” e il titolo diceva già molto di quella che sarei diventata. Esorcizzo quello che mi capita guardando negli occhi anche le cose brutte».

Don't cry for me Angelina. Anzi non piangere proprio, quel sorriso scugnizzo velato di melanconia è un passaporto per la vittoria, se non subito a Sanremo, di sicuro nella vita. E poi c'è la voce, sì, la voce. Buon sangue non mente. 

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