Serena Autieri, «My fair lady» al teatro Augusteo di Napoli: «Donne, scegliamo da sole»

«Volevamo un allestimento moderno, che evocasse soltanto le atmosfere di quella Londra per proiettarsi nella contemporaneità»

Serena Autieri sul palcoscenico
Serena Autieri sul palcoscenico
di Luciano Giannini
Mercoledì 28 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 16:46
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Come restituire in italiano il cockney, il dialetto dei quartieri popolari londinesi? «Abbiamo discusso parecchio, perché volevo qualcosa di originale, un accento tutto mio. Dopo svariate prove, ne abbiamo scelto uno che può assomigliare a quello che si parla... diciamo tra Umbria e Marche. Appenninico!». Dopo la tappa a Bolzano e la prima nazionale del 3 novembre al Sistina di Roma, tempio della commedia musicale, Serena Autieri non vede l'ora di debuttare a Napoli. All'Augusteo, infatti, da venerdì prossimo a domenica 10, sarà regina indiscussa di «My fair lady» (al Verdi di Salerno dal 10 aprile).

Il musical di Lerner & Loewe, tratto dal «Pigmalione» di Shaw, libretto e liriche di Alan Jay Lerner, arriva con un allestimento imponente.

Il valore di quelli precedenti non ammetteva mezze misure: Julie Andrews a Broadway, con Rex Harrison, nel 56; Audrey Hepburn, con lo stesso partner maschile e la regia di George Cukor nel '64, al cinema. Allo stesso anno risale la versione teatrale italiana, con Delia Scala, Gianrico Tedeschi e Mario Carotenuto.

Lo spettacolo, prodotto da Enrico Griselli, offre 28 persone in scena, 110 costumi e la regia, prestigiosa, di A.J. Weissbard, maestro del light designer. L'adattamento italiano è di Vincenzo Incenzo; le coreografie sono di Gianni Santuccio. In scena, al fianco di Serena, agiranno Ivan Castiglione (il glottologo professor Higgins); Fioretta Mari, Clara Galante, Manlio Dovì, Gianfranco Phino, Luca Bacci. 

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La favola - è noto - seduce perché offre a qualunque signor nessuno la libertà di sognare che può diventare qualcuno: il cattedratico Higgins scommette con il colonnello Pickering che è capace, in pochi mesi, di trasformare una cockney in una lady. Ma Eliza Doolitlle non è una popolana qualunque. Grazie a lei, perfino un Higgins finisce per scoprire cosa sia l'amore. Serena, chi è la sua Eliza?
«Volevamo un allestimento moderno, che evocasse soltanto le atmosfere di quella Londra per proiettarsi nella contemporaneità. Regia, scenografia, coreografie, costumi, recitazione e canto si piegano tutte a questo scopo. E il simbolo di questa attualità è proprio lei, la fioraia. La mia Eliza non indossa cappellini perbenisti, ma salopette e jeans. È grintosa. Agisce con la consapevolezza di sapere ciò che vuole. E non resta vittima degli eventi: non si lascia cambiare dal disegno irridente di Higgins, ma è lei a cambiare lui, misogino che si vanta di non tollerare presenze femminili in casa. Insomma, prende in mano la propria vita e la fa volare grazie a studio, disciplina, determinazione. E offre a tutte le donne un messaggio importante: Trasformate voi il vostro destino».

Sta parlando di se stessa!
«Be', un po' sì. Ricordo la mia infanzia... nonno Carmine, guarda caso fioraio, al centro storico di Napoli... stavo spesso con lui da bambina, pronta a nutrirmi della sua poesia, quando parlava con i fiori; della sua grinta mista a dolcezza; della sua generosità con i clienti; della perizia con cui pettinava le rose, le puliva... mani forti, grandi, virili. Sì, anch'io ho sempre avuto voglia di prendere in mano la mia vita. Oggi lo dimostro cercando sempre nuove sfide. Come questa».

Più difficile il ruolo di attrice, cantante o danzatrice?
«Tutti e tre. Eliza è personaggio complesso, a tutto tondo. Subisce una trasformazione fisica, linguistica, emotiva. Rinnova modo di camminare, di parlare, di gesticolare. È come una rosa che sta sbocciando. La partitura vocale non è da meno: spazia dal pop alla lirica. “My fair lady” è quasi un'operetta. Più volte ho sognato di provare il canto colto ma, alla fine, non ho mai avuto il coraggio. Qui lo faccio, mi diverto tanto e il mio piacere si trasmette al pubblico. E, ora, scalpito pensando al debutto nella mia Napoli. Manco da “Rugantino”, due anni fa. Ma nella commedia di Garinei e Giovanni faccio parte di un meccanismo corale, qui mi sento protagonista».

Weissbard, la sua regia?
«Ha dato un tocco di eleganza; costruito ambientazioni molto londinesi; creato suggestive atmosfere con le sue luci. In sintesi, si è messo a disposizione dello spettacolo e dei suoi interpreti, perché questo show è degli artisti in scena, tutti eccellenti ballerini-attori-cantanti, scelti grazie a un certosino lavoro di casting». 

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