Pagare il biglietto per gli allenamenti?
Un'idea nata a Napoli negli anni '50

Pagare il biglietto per gli allenamenti? Un'idea nata a Napoli negli anni '50
di Francesco De Luca
Mercoledì 30 Giugno 2021, 15:00 - Ultimo agg. 1 Luglio, 08:15
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Amedeo Salerno ha scritto la storia dello sport a Napoli come dirigente, fin dal Dopoguerra. Ha raccontato la sua vita in un libro - “Presidente gentiluomo: Amedeo Salerno, una vita per lo sport”, a cura di Carlo Zazzera e Marco Lobasso (Edizioni LeVarie, pagg. 197, euro 12,50) - ed è un racconto che tocca il cuore perché quest'uomo, arrivato ai vertici del Coni e di prestigiose federazioni, ha fatto davvero tanto per gli atleti e le squadre di questa città. Anche per il calcio. 

Si scopre, infatti, che negli anni '50 fu di Salerno, all'epoca a capo del comitato regionale della Federatletica, e di Amedeo Amadei, allenatore del Napoli, l'idea di far pagare il biglietto per assistere agli allenamenti degli azzurri nello stadio vomerese Collana. «Per la squadra era difficile allenarsi con tutti quei tifosi che ogni giorno accorrevano allo stadio a fare il tifo. L'allenatore in quegli anni era Amedeo Amadei. Per cercare di ridurre la folla dei tifosi e il conseguente disagio, Amadei si rivolse a me.

Gli suggerii di istituire un biglietto d'ingresso a un prezzo quasi simbolico anche in occasione degli allenamenti, ma lui disse che sarebbe stato complicato da gestire per la società. A quel punto proposi di gestire come Fidal quella incombenza e Amadei, d'intesa con la società, mi disse di trattenere anche l'incasso a favore del comitato regionale. In questo modo avevamo ridotto e controllato il flusso dei tifosi andando incontro alle esigenze del club e allo stesso tempo riuscivamo a finanziare anche le attività agonistiche della Fidal grazie a quegli incassi», scrive il presidente Salerno, che poi - da presidente del Coni regionale - ebbe l'onore di accogliere Maradona nei Palazzetti di Fuorigrotta e Castelmorrone perché Diego era un appassionato di basket.

Un'iniziativa a fin di bene, per sostenere atleti che anche negli anni '50 non guadagnavano quanto i calciatori azzurri: più cuore che business.

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