Mondo social, il lavoro e le avances ma LinkedIn non è Tinder

Un sondaggio su 1.049 donne rivela: 9 su 10 sul network hanno ricevuto proposte intime

Mondo social, il lavoro e le avances ma LinkedIn non è Tinder
di Matteo Grandi
Mercoledì 18 Ottobre 2023, 15:22 - Ultimo agg. 19 Ottobre, 06:44
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Chi non lavora non fa l’amore cantava Celentano nel lontano 1971.

Chissà se il Molleggiato avrebbe mai potuto immaginare che quel refrain sarebbe tornato tanto attuale a cinquant’anni di distanza. In effetti sembra che le cose stiano andando proprio in questa direzione da quando LinkedIn, la piattaforma social celebre per l’offerta e la ricerca di lavoro, si sta trasformando in un luogo di avances in cui molti hanno come obiettivo quello di un approccio sessuale con i propri contatti. Magari sostenere che LinkedIn sia il nuovo Tinder è una semplificazione giornalistica eccessiva - e chi lo utilizza quotidianamente sa bene quanto preziosi siano i contenuti e i contatti del social in ottica business - eppure stando all’esito di un recente sondaggio effettuato dal sito passport-photo.online su un campione di 1.049 donne di ogni fascia d’età e di diversi Paesi del mondo emerge una verità perlomeno inquietante: nove intervistare su 10 affermano infatti di aver ricevuto avances sulla piattaforma dedicata al lavoro. Nello specifico le protagoniste del sondaggio hanno raccontato in particolare di aver ricevuto “proposte di incontri romantici o sessuali” e “richieste di informazioni intime o personali”. L’inchiesta porta a galla un tema antico quanto i social, ovvero il rapporto fra gli approcci sessuali e le piattaforme digitali, un luogo che ancora troppi utenti percepiscono in parte come “riserva di caccia”, in parte come “zona franca” da regole e codici sociali. Che poi spesso i social siano anche usati per cercare l’anima gemella o l’avventura di una notte è un altro paio di maniche e ad azzerare ogni possibile polemica sul nascere c’è il tema della reciprocità e del consenso: se entrambi i soggetti coinvolti sono mossi dal medesimo fine la questione non si pone neanche. Peraltro, il tema legato alla nostra nuova socialità e alla rete come spazio di una nuova sessualità è noto e osservato con attenzione in dottrina. Ma è ben diverso se a fare l’avance è chi sta proponendo un lavoro, cercando di far pesare in questa tipologia di adescamento la propria posizione. O peggio usandola per adescare potenziali vittime. Ed è un tema che in fondo prescinde dai social e ci riporta a un malcostume analogico mai del tutto estirpato: quello delle avances e delle molestie sessuali sul posto di lavoro o dei ricatti sessuali in cambio di agevolazioni legate alla carriera che rappresentano a tutti gli effetti un mobbing di genere. E che possono causare un disagio psicologico e morale che si riflette anche in campo virtuale. Non a caso, tornando a LinkedIn, le donne oggetto del sondaggio sostengono di essersi sentite infastidite (nel 14,75% dei casi), indifferenti (13,42%) o confuse (13,22%). Non è dato sapere, al momento, come LinkedIn abbia accolto il sondaggio. Ma in assenza di una presa di posizione ufficiale c’è un dato che dovrebbe preoccupare la piattaforma: il 74,18% delle intervistate sostiene infatti di aver ridotto la propria attività sulla piattaforma in seguito alle avances. Da tutto questo si possono però elaborare alcune riflessioni. La prima riguarda la disinvoltura con cui ancora oggi troppe persone vivono la rete come un luogo diverso dal mondo reale. Nello specifico di LinkedIn non sembra neppure un problema di alfabetizzazione digitale, visto che la platea media del social in questione ha un livello di conoscenza del mezzo che dovrebbe essere medio-alto. Il secondo è ancora una volta un tema di sicurezza online, perché se persone con nome e cognome non si fanno problemi a rischiare la propria reputazione per adescare delle vittime con la scusa del “job offer”, immaginiamo quale torbida realtà si può celare dietro fenomeni come quello del “grooming” ovvero la pratica con cui adulti, spesso anonimi, cercando di adescare minorenni online carpendone prima la fiducia.

Sono le facce del web meno edificanti, rispetto alle quali gli antidoti rimangono quelli di sempre: muoversi con cautela, imparare a conoscere e riconoscere i rischi e denunciare gli abusi. Viviamo un gap culturale che i social talvolta tendono ad amplificare, ma comportamenti inappropriati o addirittura illegali non possono essere tollerati.

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