Napoli, dal Consiglio comunale via al salario minimo ma imprese in rivolta: «È incostituzionale»

I commercianti: «Non siamo contro i lavoratori»

Ennesima fumata nera in Consiglio comunale
Ennesima fumata nera in Consiglio comunale
di Luigi Roano
Mercoledì 10 Aprile 2024, 23:15 - Ultimo agg. 12 Aprile, 07:41
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Passa la manovra del bilancio Previsionale 2024-2026 con la maggioranza che regge fino alle 3 del mattino in maniera compatta e con il no delle opposizioni di centrodestra. Con la manovra vengono ratificate due cose importanti per la città: l’abbassamento del debito di circa 760 milioni e il piano straordinario di investimenti sulla manutenzione da 80 milioni. E con la manovra di Palazzo San Giacomo passa anche l’aggiornamento del Dup - Documento unico di programmazione - che è la bussola con la quale viene impostato il bilancio. Li dentro si disegnano strategie e traiettorie dei conti. Nell’aggiornamento del Dup passa un emendamento col quale chi lavora con il Comune - è rivolta ai privati - attraverso concessioni e autorizzazioni deve garantire ai lavoratori il salario minimo di 9 euro all’ora. Emendamento che ha visto il voto contrario delle opposizioni di destra e centrodestra e che ha innescato lo scontro proprio con i privati.

A proporre la modifica del Dup è stato il gruppo consiliare Manfredi sindaco proposto da Gennaro Esposito che ha fatto suo un ordine del giorno di Sergio D’Angelo della sinistra. «Si tratta di una clausola sociale - spiegano i due consiglieri - con la quale il soggetto contraente dell’appalto o beneficiario della concessione o dell'autorizzazione, si impegna ad applicare, a pena di decadenza o risoluzione, il contratto collettivo, più attinente all’attività svolta, in ogni caso, non inferiore a quanto previsto dall’articolo 36 della Costituzione». L’applicazione del salario minimo se no attuata «è a pena di decadenza o di risoluzione ed il controllo è demandato ai responsabili del procedimento ed alla polizia municipale. Napoli si allinea così agli altri Comuni italiani nella tutela del lavoro e del salario minimo che consenta così come previsto dall’articolo 36 della Costituzione una vita dignitosa.

Un atto di civiltà politica, morale e giuridica a tutela della classe dei lavoratori».

A dire no all’emendamento sono i privati per i quali «La norma approvata dal Consiglio Comunale è incostituzionale e vessatoria. Se non verrà ritirata faremo ricorso al Tar chiederemo subito un incontro con il sindaco Gaetano Manfredi». È la posizione di Aicast - Associazione Industria Commercio Artigianato Servizi e Turismo - espressa dal presidente provinciale Giuseppe Bonavolontà spiega: «I comuni non si possono interessare dei contratti di lavoro, che sono regolati da accordi e contratti nazionali. Questo provvedimento - racconta il Presidente - rischia di creare difficoltà al sistema del commercio e di alimentare la concorrenza sleale. Non si comprende per quale motivo, per esempio, un bar che richiede l’occupazione di suolo pubblico e quindi intrattiene rapporti con l’Amministrazione, debba sottostare a questa regola e uno accanto, possa invece liberamente applicare i contratti di lavoro di categoria senza vincoli». Il tema è questo, per la maggioranza «il boom turistico del commercio non corrisponde a benefici per la città a iniziare dai lavoratori».

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Bonavolontà insiste: «Non siamo contro i lavoratori, al contrario riteniamo che debbano essere sempre messi in condizione di poter contare sui propri diritti e su compensi adeguati. I consiglieri comunali, dal canto loro, si occupino dei tanti problemi della città: degli abusivi che fanno concorrenza sleale, dello stato delle strade, del trasporto pubblico». Questione seria dove però dal Comune ricordano che diritti e doveri devono andare di pari passo e così si cita il caso della Tari - la tassa sui rifiuti - «la cui evasione è composta per l’80% dalle utenze non domestiche vale a dire quelle commerciali».

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