Delitto Gioia, i giudici: «Da Elena e Giovanni la volontà di uccidere»

Pubbliche le motivazioni dei giudici di Corte d'Assise

Elena Gioia e Giovanni Limata
Elena Gioia e Giovanni Limata
di Alessandra Montalbetti
Venerdì 13 Ottobre 2023, 08:58 - Ultimo agg. 13:16
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«Dalle risultanze dibattimentali e dalle prove si può affermare con assoluta certezza, la riconducibilità ad entrambi gli imputati dell'ideazione, volizione ed esecuzione dell'omicidio di Aldo Gioia». Così i giudici della Corte di Assise di Avellino, nelle 34 pagine di motivazioni alla sentenza di condanna emessa il 24 maggio 2023 per Elena Gioia, figlia della vittima, e di Giovanni Limata, ex fidanzato di Elena. Entrambi sono stati condannati a 24 anni di reclusione per l'efferato delitto del 53enne avellinese, ucciso con 15 coltellate nella sua abitazione il 23 aprile del 2021. Il 53enne fu sorpreso sul divano di casa, mentre dormiva e gli furono inferti i colpi mortali da Giovanni Limata, dopo che sua figlia aveva lasciato aperto il portone a Giovanni con la scusa di andare a conferire l'immondizia.

I due salirono insieme, ma Elena rimase in camera, mentre Giovanni lo colpiva con un coltello. L'uomo cercò anche di difendersi con le gambe, allontanando Giovanni Limata che sorpreso dalla reazione dell'uomo, non potette portare a termine il piano omicidiario definito con Elena. I due infatti avevano pianificato di sterminare l'intera famiglia di Elena. Dalle pagine delle motivazioni scritte dai giudici della Corte di Assise di Avellino emerge anche che Giovanni Limata, difeso dall'avvocato Rolando Iorio, aveva contrassegnato il giorno 24 con una croce e i giorni antecedenti il delitto sullo stato di whatsapp cambiava le foto con quelle di un conto alla rovescia: -4,-3,-2 e così via. La sua prima versione quando confessò ad una sua amica e alla madre di quest'ultima che lo andarono a prendere a Piazza Kennedy per riportarlo a Cervinara di aver accoltellato il padre di Elena, di averlo fatto perché glielo aveva chiesto lei. Ed ancora in un altro passaggio della motivazione della sentenza emerge che Limata aveva detto ad un suo amico, che gli aveva chiesto delucidazioni su quei numeri del conto alla rovescia: «Elena mi ha chiesto di eliminare la sua famiglia perché non accetta la nostra relazione».

Per questi particolari agghiaccianti che sono emersi nella fase delle indagini dopo il delitto di Aldo Gioia, i giudici hanno ritenuto entrambi colpevoli, anche se il delitto materialmente è stato compiuto dal 23enne di Cervinara. I giudici della Corte accolsero le richieste di condanna avanzate dal pubblico ministero Vicenzo Toscano che al termine della sua requisitoria - aveva chiesto ventiquattro anni di reclusione per Elena Gioia e Giovanni Limata, entrambi accusati dell'omicidio volontario del papà di lei.

Dalla mole enorme di messaggi che i due imputati si inviavano anche poco prima del delitto ne emerge uno particolarmente significativo, rimarcato anche dai giudici della Corte di Assise di Avellino nelle motivazioni. Nello scambio di messaggi il 23 aprile i due parlavano ancora del piano omicidiario da mettere in atto. Giovanni Limata alle 20.31 scrisse ad Elena di essere in ansia e anche: «Guarda che posso essere ancora fermato senza rancore». Al che Elena rispose: «Io sono sicura solo perché sei tu, lo sai vero?».

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Inoltre i giudici della Corte di Assise hanno chiarito anche perché sono state concesse ai due imputati le attenuanti generiche: «Non solo per l'età degli stessi, quanto piuttosto per la condizioni di fragilità di entrambi quale conseguenza del vissuto di ciascuno, condizione che sebbene non abbia esplicato alcuna incidenza nel giudizio relativo all'imputabilità, può essere valorizzata in punto di trattamento sanzionatorio». Dalle pagine delle motivazioni emergono anche dei passaggi della relazione medico legale redatta dalla dottoressa Carmen Sementa. Quest'ultima precisò che «le coltellate furono impresse con tale violenza tanto da rompere le ossa delle braccia di Aldo Gioia, in particolare il radio e il metacarpo e al torace la prima costola. Io che sono perito ho difficoltà a tagliare la prima costola». Gli avvocati Rolando Iorio e Livia Rossi - difensori dei due imputati Elena Gioia e Giovanni Limata - sono a lavoro per presentare i ricorsi in Appello. I termini scadono il 16 ottobre. 

 

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