Provincia, la mossa di Ricci: «Rilanciamo il territorio, il Fortore non si isoli»

Provincia, la mossa di Ricci: «Rilanciamo il territorio, il Fortore non si isoli»
di Lorenzo Calò
Giovedì 14 Agosto 2014, 23:18 - Ultimo agg. 15 Agosto, 09:42
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Benevento. Dobbiamo puntare a una rappresentanza inclusiva di tutte le aree del Sannio perch le sfide che ci aspettano sono dense di incognite e perch tocca alla politica trasformare in contenuti la capacit operativa di quello che sar la nuova Provincia.

Claudio Ricci, sindaco di San Giorgio del Sannio, esponente di punta del Pd, già capogruppo alla Rocca dei Rettori, non si ferma un attimo.



Sindaco, eppure in alcune zone della provincia, ad esempio il Fortore e il Tammaro, il movimento di alcuni amministratori locali sta rivendicando spazio, chiedendo legittimazione, puntando ad assumere la leadership del nuovo ente. È preoccupato?

«No. Prima di tutto io punto al dialogo con gli amministratori e i cittadini e dunque intensificherò i miei contatti nel Fortore e nel Tammaro. Chiariamo: qui non è in discussione il risultato in termini meramente elettorali o di rappresentanza politica; qui invece si gioca una partita importante sulla capacità di questi territori di essere pienamente riconosciuti e legittimati nelle scelte di governo».

Dunque?

«Dunque il tema è di carattere culturale. Seguendo questo movimentismo territoriale vedo per il Fortore, ad esempio, il rischio inverso: quello cioè di chiudersi nella propria dimensione ed essere tagliato fuori da un discorso più globale, complessivo, inclusivo che riguarda le scelte strategiche del Sannio. Se fossi un cittadino di quelle terre, insomma, pretenderei dalla classe dirigente locale la capacità di incidere sui processi provinciali e considererei una sconfitta la deriva localistica».

Sta dicendo ad alcuni sindaci: lasciate perdere?

«No, ma ritengo che ragionare in termini di contrapposizione campanilistica non rende un buon servizio alle ragioni del Fortore e rischia di limitarne fortemente l’opzione nelle direttrici di governo della nostra provincia. E questo è facilmente dimostrabile».

In che senso?

«Chi non risiede nel Fortore, chi vive in Valle Caudina, ad esempio, può sentirsi rappresentato o può comprendere a fondo le ragioni di un attivismo localistico che è privo di una visione ampia, strategica, come a mio avviso dovrebbe essere una proposta politica per l’intero Sannio?».

Probabilmente la classe dirigente locale chiede più spazio, non crede?

«Guardi. Può anche essere che qualche amministratore stia conducendo nel Fortore questa battaglia in legittima buona fede ma credo che qualcun altro stia strumentalizzando questa situazione soffiando sul fuoco».

Cosa l’ha sorpreso maggiormente?

«Non comprendo come alcuni sindaci con sensibilità culturali diverse, per esempio, possano aderire convintamente a queste spinte movimentiste, incentrate sulla rivendicazione di un localismo fine a se stesso. In questi termini il respiro di tale progetto appare assai debole e, soprattutto, svincolato da una realtà provinciale che invece sta cercando di darsi una propria forma di autodeterminazione lavorando su scelte strategiche globali».

Eppure anche lei è un sindaco: ricorda la grande stagione dei sindaci d’Italia?

«La ricordo bene e proprio per questo, alla luce dell’esperienza fatta, è sotto gli occhi di tutti che quel movimento che sembrava inarrestabile sia oggi scemato perché contradditorio in sé e senza un principio guida di ispirazione politica».

Troppo personalismo e poco costrutto?

«Un discorso politico condiviso, di visione ampia e programmatica lo può dare soltanto l’azione di un partito. E oggi il Pd è un grande partito impegnato e orientato a consolidarsi come forza di governo ma, soprattutto, a garantire rappresentanza e dignità a tutti i territori rispettando e promuovendone le istanze. Dunque, soprattutto del Fortore, dove sarò nei prossimi giorni».

Insomma, non c’è spazio per posizioni isolate.

«Una voce forte vale soltanto se è inserita in un coro forte. E quando il coro funziona non servono solisti improvvisati. Anche perché lo spartito non è di facile comprensione».

A cosa si riferisce?

«Al fatto che saremo chiamati a gestire una fase di transizione nella quale le incognite sul futuro, le priorità, i compiti e le funzioni del nuovo ente Provincia andranno progressivamente verificati sul campo. E, in più, non avremo risorse economiche tali da poter largheggiare. Ecco perché, se vogliamo cercare di dare risposte ai cittadini, segnali di concretezza per il nostro territorio, l’unica risposta è la buona politica e non certo iniziative che rischiano di aumentare soltanto la confusione».

Non vede il rischio di consegnare un eccesso di delega ai partiti?

«La sfida sta proprio qui. Abbiamo un contenitore che va arricchito di proposte e contenuti con la politica e la capacità di programmazione. Le incertezze ci sono ma abbiamo, tutti insieme, l’occasione di trasformare un momento di crisi in una opportunità per il nostro territorio».

Magari con il contributo anche di altri partiti, vedi il centrodestra, in un clima di larghe intese?

«Si riferisce alla proposta del patto bipartisan avanzata da Mastella proprio sul «Mattino»?

Evidentemente.

«Allora guardi: ben venga la collaborazione e la lealtà istituzionale con spirito costruttivo nell’interesse del nostro territorio. Ma senza inciuci. Insomma, massima apertura alla collaborazione istituzionale ma nel rispetto dei ruoli. Perché qui il Pd è forza di maggioranza e intende rivendicare fino in fondo il suo ruolo assumendosi le sue responsabilità. Non dimentichiamolo».
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